In bilico tra climi e dialetti


Primo giorno, dove la Topolino si perde nelle strade del silenzio e incontra la zuppa di fagioli, il bonarda e il formaggio.
Comincia tra le nubi che salgono dal mare il viaggio dalla Liguria alle porte della Sicilia, lungo la spina dorsale del nostro Paese.
"Turchino, si veleggia. Sotto di noi c' è la costa, il caos"
"Dopo 100 chilometri la foto di Coppi, e le premiate distillerie"



Dopo una curva il cielo sparisce, inghiottito da un fiume di nubi che sale dal mare, mille metri sotto. Il trabiccolo blu trema, squassato dal vento, pare un aliante in una turbolenza; schizza odore di ferro, benzina e vernice, s'infila come un furetto nello squarcio tra la brughiera viola, l'asfalto nero-catrame e la muraglia grigia che tuona arrampicandosi verso le creste. Ha trovato il suo corridoio aereo nella linea di scontro tra climi. E' un varco di solitudine così perfetta, che posso fermarmi in mezzo alla strada, uscire, fotografare, rientrare, mentre lui aspetta ronfando con le lucette accese. Tanto, non c'è nessuno.
Poco oltre, nel tunnel grigio, scompare improvvisamente ogni rumore: cigolii, spifferi, sferragliamenti, raffiche, scricchiolìo della ghiaia. Muore anche il cellulare, il viaggio diventa un film muto. In che anno siamo? E dove? In Cornovaglia? Sulla strada per Lima sotto una perturbazione del Pacifico? No, siamo in Italia, sul Passo del Faiallo, quota 1061, sopra Genova. Sotto, la costa più affollata del mondo tace, è una massa di nubi che ribolle come una caldiera. E la macchinina è una pazza Topolino del 1953.

***
Appennino, si comincia. Davanti a noi tre, forse quattromila chilometri. La distanza dall'Italia all'Iran, ma col triplo dei dislivelli e il quintuplo di curve. Un altro mondo. Pontinvrea, sole e praterie, case a spioventi alti da vecchia Borgogna, un ristorante "Aquila d'oro", un pieno di benzina da sette euro con mezzo paese che guarda. Sassello, il paese degli amaretti, intatto con le vie in selciato, la grande chiesa barocca, le case panciute da inverni lunghi, il mercato in piazza e la macelleria "Giacobbe". Al bar "Gina" puoi farti una piadina e un calice di rosso in compagnia di un carabiniere gentile e una suora dai capelli neri a caschetto. Che senso ha stare sulla costa se esiste un'Italia simile.
Ecco Masone, paese piovoso di gente cupa, con un vento in poppa così forte che andiamo senza motore. Al Passo del Turchino quasi veleggiamo nelle raffiche verso il Piemonte; ci dicono che qui, con la corrente contraria, basterebbe allargare il valico e la nebbia padana colerebbe sulla costa liberando il Nord dalla sua pestilenza grigia. Al Turchino, più che a Cadibona, iniziano gli Appennini. Qui la catena perde la sua solidità alpina, diventa un'altra cosa, un mondo instabile, sismico, in bilico tra dialetti, climi e profumi.

***
Dopo cento chilometri lasciamo riposare il mulo meccanico sui prati delle Capanne di Marcarolo, locanda "Agli Olmi", un posto di cinghiali e cacciatori, con la foto di Coppi e il manifesto di premiate distillerie. Fuori, l'unica voce è il cuculo nella foresta. Il mio compagno di viaggio si diverte a calcolare il nostro peso, come fossimo un cavallo all'ippodromo. Auto 600, passeggeri 190, bagaglio e pezzi di ricambio 60, benzina 20; totale 870. E' Albano Marcarini, milanese, il miglior ufficiale di rotta su piazza. Conosce le strade d'Italia a memoria: chilometri, dislivelli, toponomastica. Legge favolose guide ottocentesche. Non fotografa, disegna. Matita e acquarello.
Tocca a lui dirigere l'ouverture di questa traversata italiana. "Sia ben chiaro - m'ha avvertito alla partenza a Savona - il nostro è un viaggio alla ricerca delle strade perdute". E così, quando abbiamo preso la Provinciale 29 dal mare a Cadibona, inizio geografico dell'Appennino, per lui era sempre la Statale 29. Marcarini ignora la svendita del patrimonio nazionale travestita da federalismo. Ignora rondò, sensi unici e viadotti; segue la vecchia pista come un bracco, sostiene che dietro ogni rettilineo c'è un imbroglio. Ha ragione: già al paese di Altare, dopo 20 chilometri, una perfida circonvallazione ha cercato di depistarci. Ma lui ha mangiato la foglia e s'è infilato nel bivio giusto verso il Grande Inizio: una fortezza napoleonica coperta di muschio e una cantoniera dimenticata, in località - sentite che nome - "Bocca d'Orso Sagattaro".

***
Ora la dorsale galoppa con saliscendi nervoso da ciclisti, prolunga la sua gobba verso Oriente, e la Topolino prende le misure del terreno, cerca il suo sentiero mohicano nell'Italia del silenzio. Prime discese, primo freno-motore, primi tacco-punta, con i piedi che manovrano freneticamente i pedali, ti trasformano in organista, un Kappellmeister che preme ansimando sui valvoloni dei mantici sotto la tastiera. La mobilitazione muscolare è totale: è come andare a cavallo, anche le chiappe lavorano. E ogni chilometro è un compromesso tra te e il mezzo che ti porta.
Dopo le gole del Gorzente, arriviamo a Voltaggio con un guado, tra applausi di bambini; poi è la confluenza con un altro fiume e un ponte medievale gobbo come quello di Mostar. Si va con la capote spalancata, i nomi cantano la loro storia: Molini, Pian dei Grilli, Castagneto. La casa natale di Coppi non è lontana, le sue strade cercano quota verso il mare in un'onda lunga di praterie controvento. E a Nord, oltre la linea verdescura del Monferrato, lontanissima, la pianura.
Sul passo dei Giovi si ingolfano ferrovie, strade, elettrodotti, tutto il traffico della Milano-Genova, ma noi filiamo alla chetichella, sordi al frastuono, invisibili tra piloni di calcestruzzo, gallerie e scali merci. Apparteniamo già a un altro mondo, abbiamo le nostre vie di fuga. Luce radente di poppa, l'automobilina sale tra villaggi a precipizio fino al colle di San Fermo, con chiesetta sulla sommità e una vista senza fine. Gli Appennini sono una mandria in fuga. Meraviglia, meraviglia, meraviglia.

***
Tramonto mandarino su Dova superiore, provincia di Alessandria, 18 abitanti e una locanda gestita dal parroco. Don Luciano porta zuppa di fagioli, bonarda e formaggio con i grilli, un micidiale impasto marrone che ha già digerito i propri vermi. Parla dei lunghi inverni, dei bambini che non nascono più, dei villaggi svuotati come da una pestilenza, rimasti lì con i letti vuoti e le stoviglie nei cassetti. Qui solo i preti tengono duro: Luciano viaggia come un matto per dir messa in undici parrocchie, ma rischia di non farcela più.
"Tutto è cominciato nel '52, quando hanno fatto la strada". Doveva portare la ricchezza, e invece è arrivata la fine. L'asfalto ha risucchiato la gente quasi per gravità, come un maledetto piano inclinato. Un bidone aspiratutto che ha spazzato via un mondo. Cinquant'anni come un millennio. Capisco che la mia Topolino appartiene all'Italia di ieri, è l'anello di congiunzione fra il dopoguerra e la modernità. Forse, è una lucciola di Pasolini. Forse noi due pazzi stiamo davvero viaggiando a cavallo di una lucciola, nell'Italia degli autogrill.

***
La Tv sulla credenza parla di scandali italiani, ma è un ronzìo lontano, sembra che trasmetta dalla Luna. Accanto, montagne di bollette, pubblicità, posta inevasa proveniente dalle galassie. "Il potere non sa nulla di noi", racconta il parroco. "Un giorno un assessore piemontese ci ha ricevuti pensando che fossimo liguri". L'Appennino, s'arrabbia, non sa difendersi come le Alpi. Non ha i Messner, i Mauro Corona. "Noi siamo ai margini del Piemonte, della Liguria, dell'Emilia e della Toscana. Unite, queste quattro periferie diverrebbero centro. Ritroverebbero la loro identità. Ma nessuno lo vuole".
Il torrente scroscia sotto le stelle. "Quando si gonfiava - racconta Luciano - i mulattieri lo passavano con i trampoli, poi dall'altra riva con la corda tiravano la badessa, la capofila della mandria. Così la carovana seguiva docilmente". Il buio si popola di ombre, tornano gli abitanti dei villaggi estinti, Reneuzzi, Casoni, Ferrazzi. Torna Gaetano di Corrego, che port ava armadi interi sulle mule agghindate come spose, con colorate gualdrappe, fiocchi, bardature e sonagli.
Alla fine, ci porta via un sonno da camionisti.

(31 luglio 2006)


Vai all'indice