The Danger of software patents
http://www.cl.cam.ac.uk/~mgk25/stallman-patents.html
----------
Il pericolo dei brevetti sul software
Credo siate a conoscenza del mio lavoro a sostegno del software
libero. L'intervento odierno non riguarda questo tema, ma affronta
la questione degli abusi legislativi tesi a trasformare lo sviluppo
del software in un'attività pericolosa. Questo è
ciò che accade quando le norme sui brevetti vengono applicate
al campo del software.
Il punto non è la brevettabilità del software. Una
simile descrizione sarebbe decisamente errata ed equivoca, perché
non si tratta di brevettare dei programmi singoli. Se così
fosse, non farebbe alcuna differenza, sarebbe qualcosa di fondamentalmente
innocuo. La questione riguarda invece la brevettabilità
delle idee. Ciascun brevetto copre qualche idea. I brevetti sul
software sono brevetti che coprono qualche idea sul software,
idee che prevediamo di usare nello sviluppo del software. In tal
senso ciò rappresenta un ostacolo pericoloso per lo sviluppo
del software nella sua interezza.
Forse avrete sentito qualcuno usare un termine ingannevole, "proprietà
intellettuale". Come potete notare, questa definizione è
basata su un pregiudizio: dà per scontato che, qualunque
sia il tema in discussione, il modo di trattarlo è considerarlo
una sorta di proprietà, mentre in realtà è
soltanto una delle molte alternative disponibili. Il termine "proprietà
intellettuale" si pone come pregiudiziale sulle questioni
fondamentali di qualsiasi tematica ci si stia occupando. Ciò
non porta a considerazioni chiare e aperte.
Esiste un ulteriore problema in quel termine, il quale non ha
nulla a che fare con la promozione delle opinioni personali: è
d'intralcio nella comprensione perfino dei fatti. L'espressione
"proprietà intellettuale" viene usata come una
sorta di panacea generale: raggruppa insieme aree del tutto disparate
del corpo legislativo quali il copyright (noto anche come diritto
d'autore) e i brevetti, ambiti completamente diversi tra loro
che differiscono in ogni dettaglio. Nel mucchio finiscono anche
i marchi registrati, qualcosa di ulteriormente diverso, e altri
elementi in cui ci s'imbatte più di rado. Nessuno di questi
settori ha nulla in comune con gli altri. Storicamente hanno origini
completamente distinte; le rispettive legislazioni furono progettate
in maniera indipendente; interessano ambiti diversi della vita
e delle comuni attività. Le questioni di politica pubblica
che sollevano non presentano alcuna relazione tra loro, di modo
che cercando di affrontarli come un unico insieme è garantito
il raggiungimento di conclusioni folli. È letteralmente
impossibile avere un'opinione motivata e intelligente sulla "proprietà
intellettuale". Perciò se si vuole considerare la
questione con chiarezza, evitiamo di fare d'ogni erba un fascio.
Meglio affrontare il copyright di per sé, e poi occuparsi
dei brevetti. Impariamo a conoscere le norme sul copyright, e
separatamente quelle sui brevetti.
Queste alcune delle maggiori differenze
esistenti tra copyright e brevetti:
- Il copyright concerne i dettagli dell'espressione di un opera,
ma non copre alcuna idea. I brevetti riguardano soltanto le idee
e il loro utilizzo.
- Il copyright è automatico. I brevetti vengono concessi
dal relativo ufficio in risposta a un'apposita richiesta.
- I brevetti sono molto onerosi. In realtà le spese degli
avvocati per la stesura della richiesta sono perfino più
esose della domanda stessa. Normalmente occorrono alcuni anni
prima che la richiesta venga presa in considerazione, anche se
i vari uffici brevetti lavorano in maniera estremamente lenta
nell'esame delle domande.
- La durata del copyright è tremendamente lunga. In alcuni
casi si arriva anche a 150 anni. I brevetti durano 20 anni, periodo
breve rispetto alla vita umana ma comunque eccessivo per i ritmi
di un settore come quello del software. Basti pensare a 20 anni
fa, quando il PC era qualcosa di nuovo. Immaginiamo di dover essere
costretti a sviluppare software utilizzando soltanto i concetti
conosciuti nel 1982.
- Il copyright copre unicamente la copia. Se qualcuno scrive un
romanzo che si scopre essere identico parola per parola a Via
col vento, potendo al contempo dimostrare di non averlo mai visto,
ciò rappresenterebbe un'ottima difesa contro ogni accusa
di infrazione al copyright.
- Un brevetto è un monopolio assoluto sull'utilizzo di
un'idea. Anche potendo dimostrare di aver avuto quell'idea per
conto proprio, ciò sarebbe del tutto irrilevante se quell'idea
è stata già brevettata da qualcun altro.
Spero possiate dimenticarvi del copyright
per il resto del mio intervento, perché parlerò
invece dei brevetti, e le due questioni non dovrebbero mai essere
messe insieme - unica possibilità per comprendere con chiarezza
le rispettive questioni legali. Pensiamo a cosa potrebbe accadere
nella comprensione della chimica pratica (o dell'arte culinaria)
se dovessimo confondere l'acqua con l'etanolo.
Quando si sente qualcuno parlare del sistema dei brevetti, normalmente
questo viene descritto dal punto di vista di chi speri di ottenere
un brevetto - le procedure che bisognerebbe eventualmente seguire
per richiederlo, la sensazione che si proverebbe nel camminare
per strada avendone uno in tasca, in modo da tirarlo fuori ogni
tanto e sbatterlo in faccia a qualcuno dicendo: "Dammi tutti
i soldi che hai!"
C'è una ragione dietro questi pregiudizi, perché
la maggior parte di quanti ci descrivono il sistema dei brevetti
vanta qualche tipo di interesse in tale sistema, perciò
ce ne dipingono i tratti piacevoli. Esiste un'ulteriore motivazione:
il sistema dei brevetti somiglia parecchio a una lotteria, perché
soltanto una minima parte dei brevetti porta effettivamente qualche
beneficio ai rispettivi possessori. Non casualmente una volta
la rivista The Economist lo ha paragonato a una "lotteria
spreca-tempo". Se avete dato un'occhiata alle inserzioni
pubblicitarie delle lotterie, avrete notato come queste ci spingano
sempre a pensare alla possibilità di vincere. Non invitano
certo a considerare l'eventualità di perdere, pur essendo
questa la probabilità più concreta. Lo stesso vale
per il sistema dei brevetti: vengono sempre presentati come un
invito a considerarci tra i vincitori.
Per controbilanciare questa serie di pregiudizi, mi accingo a
descrivere il sistema dei brevetti dal punto di vista delle vittime
-- ovvero, dal punto di vista di qualcuno che vuole sviluppare
del software ma è costretto a ma è costretto a convivere
con un sistema di brevetti sul software che potrebbe risultare
in una denuncia.
Dunque, qual'è la prima cosa da fare
dopo aver avuto un'idea sul tipo di programma che ci si appresta
a scrivere? Tanto per cominciare, dovendo aver a che fare con
il sistema dei brevetti, si potrebbe cercare di scoprire quali
siano i brevetti che coprono il futuro programma. Compito impossibile.
Il motivo è che alcune delle domande pendenti sono segrete.
Possono essere pubblicate soltanto dopo un certo tempo dalla presentazione,
qualcosa tipo 18 mesi. Si tratta tuttavia di un periodo più
che sufficiente per scrivere un programma, e finanche per distribuirlo,
senza poter conoscere se sia già coperto da brevetto o
meno, e rischiare di conseguenza la denuncia.
Non è una faccenda puramente accademica. Nel 1984 venne
realizzato compress, un programma per la compressione dei dati.
All'epoca non esistevano brevetti sull'algoritmo di compressione
LZW usato in quel programma. Più tardi, nel 1985, l'ufficio
statunitense diffuse un brevetto su tale algoritmo, e nel corso
degli anni successivi coloro che ne curavano la distribuzione
iniziarono a ricevere minacce legali. Era impossibile per l'autore
dell'algoritmo di compressione prevedere che potesse subire una
denuncia. Non aveva fatto altro che usare un'idea trovata in una
pubblicazione, proprio come era sempre successo tra i programmatori.
Non aveva capito che non era più possibile usare liberamente
un'idea trovata in qualche pubblicazione.
Dimentichiamo questo problema. I brevetti
approvati vengono pubblicati dall'apposito ufficio, così
da poterne reperire il lungo elenco e vedere con esattezza cosa
dicono. Ovviamente, in realtà è impossibile leggere
la lista per intero, perché ne comprende una quantità
enorme. Negli Stati Uniti esistono centinaia di migliaia di brevetti
sul software. Non c'è alcun modo di tener traccia di tutte
le aree coperte. L'unica possibilità è provare a
cercare quelli più rilevanti.
Qualcuno sostiene che dovrebbe trattarsi di un compito semplice
nell'attuale epoca informatica. Si può ricorrere a ricerche
per parole chiave e così via, ma ciò funziona soltanto
fino a un certo punto. Si troveranno alcuni brevetti riguardanti
l'area d'interesse, ma non necessariamente tutti.
Ad esempio, c'era un brevetto sul software (che oggi potrebbe
essere estinto) relativo alle operazioni di ricalcolo secondo
l'ordine naturale per i fogli di calcolo elettronici. In pratica
ciò significa che facendo dipendere determinate celle da
altre precedenti, si procede sempre al ricalcolo di tutti gli
elementi inseriti dopo quelli da cui dipendevano, in modo che
dopo ogni operazione il totale risulta sempre aggiornato. Nei
primi fogli di calcolo elettronici si procedeva dall'alto verso
il basso, e facendo dipendere una cella da quella sottostante,
impostando al contempo una serie di simili passaggi, occorreva
ricalcolare il totale svariate volte per far propagare il nuovo
valore verso l'alto. (Si presupponeva che ogni elemento dipendesse
dalla cella sovrastante).
Allora qualcuno ha pensato, perché non rifare i calcoli
in modo che ogni valore venga ricalcolato immediatamente dopo
quello da cui dipende? Questo algoritmo è conosciuto col
nome di classificazione topologica. Il primo riferimento che sono
riuscito a trovare è datato 1963. Il brevetto copriva diverse
dozzine di modalità in cui si poteva implementare la classificazione
topologica.
Non era tuttavia possibile reperire tale brevetto cercando con
"fogli di calcolo elettronici". Né lo si trovava
provando con "ordine naturale" oppure "classificazione
topologica". La spiegazione non comprendeva nessuno di questi
termini. Veniva in realtà descritto come un metodo per
"compilare formule in codici oggetto". Quando lo vidi
per la prima volta non credevo fosse quello giusto.
Supponiamo di trovarci davanti a un elenco
di brevetti e di volerci rendere conto di quel che sia consentito
fare. Quando si prova a studiarne le descrizioni, si scopre che
sono molto difficili da comprendere, poiché sono scritte
in un tortuoso linguaggio legale il cui significato è tutt'altro
che facile da capire. Spesso quanto dice l'ufficio brevetti ha
un significato diverso da quello apparente.
Negli anni '80 il governo australiano ha condotto una ricerca
sul sistema dei brevetti. La conclusione fu che, al di là
delle pressioni internazionali, non c'era alcun motivo per l'esistenza
di un tale sistema -- non portava alcun giovamento al pubblico
-- e ne raccomandava l'abolizione, se non fosse per le pressioni
internazionali. Lo studio riportava che gli ingegneri non cercavano
neppure di leggere i brevetti per imparare qualcosa, consideratane
la difficoltà di comprensione. Veniva citata l'opinione
di un ingegnere: "Non riesco a riconoscere le mie stesse
invenzioni in linguaggio brevettese."
Questo non è uno scenario teorico. Verso il 1990 un programmatore
di nome Paul Heckel denunciò la Apple, sostenendo che Hypercard
infrangeva un paio di suoi brevetti. Quando lo vide per la prima
volta, gli sembrò che Hypercard non avesse nulla a che
fare con quei brevetti, con le sue "invenzioni". Non
pareva simile a queste. Ma quando l'avvocato gli fece notare che
quei brevetti potevano essere interpretati a coprire una parte
di Hypercard, decise di attaccare la Apple. Nel corso di un mio
successivo intervento a Stanford menzionai quella circostanza,
con Heckel presente tra il pubblico. Mi interruppe per ribattere:
"Non è vero, è solo che non compresi la portata
della tutela legale!" Io replicai: "Si, proprio quello
che intendevo dire."
Così, in pratica occorre spendere un sacco di tempo a parlare
con gli avvocati per capire quel che i brevetti proibiscono di
fare. Alla fine se ne usciranno con qualcosa tipo: "Se fai
qualcosa in quest'area, sei sicuro di perdere; se intervieni in
quest'altra area (Stallman fa dei gesti circolari con le mani),
in sostanza si rischia di perdere; e se vuoi essere davvero al
sicuro, meglio star lontano da quest'area (facendo gesti circolari
più ampi). E tieni comunque conto che qualsiasi denuncia
comporta qualche elemento di rischio sostanziale".
Ora che avete un terreno prevedibile su cui basare i vostri affari(!),
cosa pensate di fare? Bé, si può scegliere fra tre
diverse eventualità, ciascuna delle quali è applicabile
in determinate circostanze. Eccole:
1) evitare il brevetto;
2) ottenere la licenza per il brevetto;
3) ribaltare il brevetto in tribunale.
Consentitemi di illustrare questi tre scenari per capire cosa li renda praticabili o meno.
Evitare il brevetto
"Evitare il brevetto" vuol dire
non usare l'idea già coperta da qualche brevetto. Posizione
semplice o difficile da seguire, dipende dal tipo di idea in oggetto.
In alcuni casi, soltanto una funzione risulta brevettata. In tal
caso si può eludere il brevetto evitando di implementarla.
Il punto sta nell'importanza di tale funzione. In alcune situazioni,
se ne può fare a meno. Tempo fa gli utenti dell'elaboratore
testi XyWrite vennero notificati di un downgrade (declassamento)
del programma. Ne fu rimossa una funzione che consentiva la predefinizione
delle abbreviazioni. Ovvero, quando si digitava un'abbreviazione
seguita da un carattere d'interpunzione, questa sarebbe stata
immediatamente sostituita dalla relativa espansione. In tal modo
per alcune frasi lunghe era possibile definire l'abbreviazione,
digitare soltanto quest'ultima e l'intera frase sarebbe apparsa
nel documento. Gli sviluppatori mi scrissero riguardo questa opzione
perché sapevano che l'editor Emacs presentava una funzione
analoga. Infatti ne faceva parte fin dagli anni '70. Fu interessante
perché ciò dimostrò che in vita mia avevo
avuto almeno un'idea meritevole di essere brevettata. Posso affermarlo
con certezza perché poco tempo dopo è proprio quel
che fece qualcun altro!
In realtà gli sviluppatori considerarono tutte e tre le
strategie. Prima tentarono di negoziare con il detentore del brevetto,
il quale si rivelò trattare in cattiva fede. Poi analizzarono
le probabilità concrete di poter ribaltare il brevetto
in tribunale. Alla fine decisero che la cosa da fare fosse l'eliminazione
di quella funzione. È possibile farne a meno. Se l'elaboratore
testi difetta di quest'unica opzione, forse gli utenti continueranno
a utilizzarlo ugualmente. Ma se le mancanze cominciano ad accumularsi,
alla fine si avrà un programma non troppo soddisfacente,
ed è probabile venga ignorato.
In questo caso si trattava di un brevetto limitato su una funzione
assai specifica. Come la mettiamo con il brevetto in possesso
di British Telecom sugli hyperlink [i link del world wide web]
accoppiato con l'accesso tramite la comune chiamata telefonica?
Il ricorso agli hyperlink è assolutamente essenziale nell'odierno
uso del computer, al pari della connessione via telefono. Come
faremmo senza tale opzione? Per chiarezza, questa non può
neppure considerarsi una singola funzione, bensì la combinazione
di due opzioni arbitrariamente interconnesse tra loro. Qualcosa
di analogo al possesso di un brevetto su divano e televisione
in una stessa stanza.
Talvolta l'idea brevettata appare talmente vasta e basilare che praticamente finisce per coprire un intero settore. È ad esempio il caso della crittazione a chiave pubblica, il cui brevetto statunitense è scaduto nel 1997. Fino ad allora fu quel brevetto ad impedire per la maggior parte il ricorso alla crittazione a chiave pubblica negli Stati Uniti. Un certo numero di programmi in corso di lavorazione vennero bloccati -- non furono mai realmente disponibili perché i detentori del brevetto presero a minacciarne gli autori. Poi ne uscì fuori uno, PGP, che inizialmente venne distribuito come software libero. In questo caso sembra che i possessori del brevetto lasciarono passare del tempo prima di minacciare la denuncia, e a quel punto si resero conto della cattiva pubblicità che avrebbero potuto subire. Così imposero delle restrizioni, rendendolo disponibile soltanto per usi non-commerciali, onde impedirne l'eccessiva diffusione. In tal modo per un decennio e oltre l'uso della crittazione a chiave pubblica venne fortemente limitato. Non c'era modo di superare quel brevetto. Era impossibile inventarsi qualcos'altro per scrivere programmi di crittazione a chiave pubblica.
Altre volte viene brevettato un algoritmo
specifico. Esiste ad esempio un brevetto su una versione ottimizzata
del Fast Fourier Transform, grazie al quale quest'ultimo gira
a velocità doppia. Per evitarlo basta usarne una comune
versione, anche se questa parte del programma impiegherà
il doppio del tempo. Forse non è poi una funzione così
importante, forse ciò riguarda una parte minima del tempo
totale in cui gira il programma. Anche se è due volte più
lento, può darsi che nessuno se ne accorga. Oppure, al
contrario, il programma non si lancerebbe affatto perché
richiede il doppio del tempo reale per operare come previsto.
Gli effetti possono variare.
In qualche caso si può cercare un algoritmo migliore. Ciò
può tornare utile o meno. Non potendo usare 'compress'
all'interno del progetto GNU, iniziammo a cercare un algoritmo
alternativo adatto alla compressione dati [compress è una
utility per i sistemi Unix con algoritmo brevettato, per cui non
poteva essere utilizzata nel progetto GNU: il brevetto avrebbe
posto una limitazione alla redistribuzione, rendendo impossibile
distribuire il software con licenza GPL].
Qualcuno ci informò di averne uno disponibile; aveva scritto
un programma e decise di offrircelo come contributo. Eravamo sul
punto di distribuirlo. Per pura coincidenza mi capitò di
vedere una copia del New York Times che casualmente aveva la rubrica
settimanale dedicata ai brevetti. (Non sfogliavo quel quotidiano
più di una volta ogni paio di mesi). Così inizio
a dargli un'occhiata e leggo che qualcuno aveva ottenuto un brevetto
per "aver inventato un nuovo metodo per la compressione dei
dati". Decido che è meglio capire come stanno le cose.
Ne prendo una copia e scopro che tale brevetto copriva proprio
il programma che ci apprestavamo a distribuire nel giro di una
settimana. Il programma morì prima ancora di esser nato.
In seguito trovammo un altro algoritmo non coperto da brevetto.
Divenne il programma gzip, oggi l'efficace standard de facto per
la compressione dati. Come algoritmo per essere usato in simili
programmi, risultò perfetto. Chiunque volesse ricorrere
alla compressione dei dati poteva usare gzip invece di compress.
Lo stesso algoritmo di compressione già
brevettato LZW veniva impiegato anche in formati per immagini,
tra cui GIF. Ma in questo caso, poichè la gente non voleva
semplicemente comprimere dei dati bensì avere un'immagine
che fosse possibile visualizzare con il proprio software, si rivelò
estremamente difficile trovare un algoritmo diverso. Non ci siamo
ancora riusciti dopo 10 anni! Si, gli utenti ricorrevano all'algoritmo
'gzip' con cui definire un altro formato per l'immagine, una volta
piovute minacce di possibili denuncie per l'uso di file GIF. Quando
iniziammo a dire in giro di smetterla di usare quei file GIF per
passare all'altro formato, la replica fu: "Non possiamo cambiare,
il browser non supporta ancora il nuovo formato". Gli sviluppatori
di browser ribatterono: "Non abbiamo alcuna fretta, dopo
tutto nessuno usa quel formato".
In effetti la società ha dimostrato così tanta inerzia
nell'utilizzo del formato GIF che non siamo riusciti a convincere
la gente a cambiare. In pratica il continuo ricorso della comunità
a tale formato forza tuttora i vari siti a farne uso, con il risultato
che si rivelano vulnerabili a possibili minacce legali.
Anzi, la situazione è ben più strana. In realtà
sono due i brevetti che coprono l'algoritmo LZW. L'ufficio brevetti
non si è reso conto che stava assegnando due brevetti su
una medesima idea; non erano riusciti ad esaminare adeguatamente
le richieste. Ciò però poggia su una buona ragione:
occorre parecchio tempo per studiare con attenzione i due brevetti
prima di rendersi conto che coprono veramente la stessa cosa.
Se si fosse trattato di due brevetti su
dei processi chimici, sarebbe stato assai più semplice
rendersene conto. Bastava identificare le sostanze impiegate,
gli ingredienti e i risultati, quali le azioni concrete intraprese.
Prescindendo dal modo in cui ciò veniva descritto, si sarebbe
visto di cosa si trattava e ci si sarebbe accorti della somiglianza.
Se un'azione è puramente matematica, è possibile
descriverla in molti modi anche assai diversi tra loro. Non appaiono
simili neppure a livello superficiale. Bisogna comprenderli fino
in fondo prima di accorgersi che stanno descrivendo qualcosa d'identico.
L'ufficio brevetti non ha abbastanza tempo. Alcuni anni fa l'ufficio
brevetti degli Stati Uniti dedicava mediamente 17 ore a ciascuna
richiesta presentata. Un periodo di tempo insufficiente per analizzarle
con attenzione, ovvio quindi che si possano commettere errori
come questo. Lo stesso è accaduto al programma menzionato
sopra, quello morto prima ancora di nascere. Anche quell'algoritmo
è coperto da due brevetti, entrambi rilasciati negli Stati
Uniti; sembra si tratti di una circostanza nient'affatto insolita.
Evitare i brevetti può quindi essere semplice, oppure impossibile.
Se è semplice, può darsi che renda inutile il programma
-- dipende dalla situazione specifica.
Vorrei puntualizzare un'altra questione. Talvolta un'azienda o
un consorzio riesce a imporre un formato o un protocollo come
standard de facto. Nel caso tale formato o protocollo venga poi
brevettato, è un vero e proprio disastro. Esistono perfino
degli standard ufficiali soggetti alle limitazioni dei brevetti.
Nel settembre del 2001 ci fu una grande sollevazione politica
quando il World Wide Web Consortium propose di iniziare ad adottare
degli standard coperti da brevetti. La comunità si oppose,
costringendoli a ripensarci. Il consorzio fece marcia indietro,
ribadendo che qualsiasi brevetto doveva essere liberamente applicabile
da chiunque e che gli standard dovevano essere liberi in modo
che tutti potessero implementarli. Si trattò di una vittoria
interessante. Credo che quella fu la prima volta in cui un'organizzazione
sugli standard prese quel tipo di decisione. È normale
per tali organizzazioni voler inserire all'interno degli standard
qualche elemento coperto da brevetto, impedendo agli utenti di
procedere liberamente all'implementazione. Bisogna far pressione
su entità organizzative analoghe per costringerle a modificare
quelle norme.
Ottenere la licenza per il brevetto
La seconda possibilità, oltre quella
di evitare il brevetto, consiste nell'ottenerne la licenza. Non
è detto ciò possa essere necessariamente un'opzione
fattibile. Chi detiene il brevetto non deve offrirvi alcuna licenza;
non è obbligato a farlo. Dieci anni fa, la League for Programming
Freedom ricevette una richiesta d'aiuto da parte di qualcuno la
cui attività familiare riguardava la costruzione di macchine
per i giochi d'azzardo nei casinò, e già allora
usavano i computer. Aveva ricevuto la lettera di un'altra azienda
che minacciava: "Quel brevetto l'abbiamo noi. Non ti è
consentito fare quelle cose. Smettila!"
Decisi di dare un'occhiata a quel brevetto. Copriva una situazione
in cui un certo numero di computer venivano collegati in rete
in modo che ciascuna macchina fosse in grado di gestire più
giochi diversi e l'utente potesse giocarvi simultaneamente.
Si scopre così che l'ufficio brevetti ritiene davvero brillante
la capacità di fare più di una cosa in contemporanea.
Non si rendono conto che in campo informatico ciò rappresenta
la maniera più ovvia per generalizzare qualsiasi cosa.
Lo hai fatto una volta, perciò adesso puoi rifarlo quante
volte vuoi, si può creare una subroutine [una funzione
del programma]. Credono che se riesci a fare qualcosa più
di volta, ciò in qualche modo significa che sei brillante
e che nessuno è in grado di tenerti testa, hai il diritto
di dare ordini agli altri come ti pare e piace.
Comunque sia, al tipo in questione non venne offerta alcuna licenza.
Fu costretto a smettere. Non poteva neppure permettersi le spese
legali per il tribunale. Direi che quel particolare brevetto copriva
un'idea piuttosto ovvia. È possibile che il giudice si
fosse dichiarato d'accordo, ma non potremo mai saperlo perché
non c'erano i soldi per avviare il procedimento.
Tuttavia, parecchi possessori di brevetti sono soliti offrire
le relative licenze. Ma spesso chiedono cifre salate. L'azienda
in possesso del brevetto per il ricalcolo secondo l'ordine naturale
pretendeva il 5 per cento delle entrate lorde di ogni foglio di
calcolo elettronico venduto negli Stati Uniti. Qualcuno mi riferì
che si trattava del prezzo ridotto precedente l'eventuale denuncia
-- se fossero stati costretti ad andare veramente in tribunale
e avessero vinto, avrebbero preteso di più.
Può darsi che su uno specifico brevetto ci si possa permettere
quel 5 per cento per la licenza, ma cosa succede quando occorrono
le licenze su 20 brevetti diversi per realizzare un certo programma?
A quel punto tutti i ricavi servono a pagare le licenze. Cosa
succederebbe se fossero necessarie le licenze su 21 brevetti?
Persone che operano nel settore mi hanno spiegato che a livello
pratico due o tre di tali licenze porterebbe al fallimento di
qualsiasi attività.
Esiste una situazione in cui ottenere la licenza è un'ottima
soluzione. Ovvero nel caso di una mega-corporation multinazionale.
Dato che queste aziende possiedono una gran quantità di
brevetti, possono offrirsi le licenze a vicenda. In tal modo evitano
gran parte del danno insito nel sistema dei brevetti e usufruiscono
soltanto degli aspetti positivi.
Tempo fa l'IBM pubblicò sulla rivista Think -- credo
fosse il numero 5 del 1990 -- un articolo sul pacchetto di brevetti
aziendale, dove si illustravano i due tipi di vantaggi derivanti
alla stessa IBM dal possesso di 9.000 brevetti statunitensi. (Credo
che oggi tale cifra sia più ampia). Si trattava, primo,
di incassarne le quote sui diritti, e, secondo, di ottenere "accesso
ai brevetti altrui". Spiegavano come quest'ultimo beneficio
fosse notevolmente maggiore del primo. I vantaggi derivanti all'IBM
dalla possibilità di utilizzare le idee brevettate da altri
equivaleva a dieci volte il beneficio diretto ottenuto dall'offerta
di licenze sui propri brevetti.
Cosa significa veramente tutto ciò? Quali vantaggi ricava
l'IBM da un simile "accesso ai brevetti altrui"? Si
tratta in pratica del beneficio di essere esenti dai problemi
provocati dal sistema dei brevetti. Un sistema analogo a una lotteria:
qualsiasi brevetto può finire in un nonnulla, o rivelarsi
una fortuna per alcuni detentori, oppure un disastro per chiunque
altro. Ma consideratene le ampie proporzioni, per l'IBM lo scenario
risulta vantaggioso. Un'azienda simile è in grado di valutare
sia i danni sia i benefici di quel sistema. In questo caso, i
guai causati da un tale sistema avrebbero superato di dieci volte
gli aspetti positivi.
Ho detto "avrebbero" perché, grazie allo scambio
vicendevole delle licenze, l'IBM può evitare ogni problema.
Questi esistono soltanto a livello potenziale, non si concretizzeranno
mai per una tale azienda. Eppure quest'ultima, calcolando i benefici
derivanti dalla possibilità di evitarli, ne stima in dieci
volte il valore del denaro raccolto dai brevetti di cui è
titolare.
Questo fenomeno del trasferimento reciproco delle licenze serve
a confutare un mito comune, quello del "genio morto di fame",
il mito secondo cui i brevetti servano a "tutelare"
il "piccolo inventore". (Si tratta di termini di propaganda.
Non andrebbero usati).
Questo lo scenario che ci troviamo di fronte: supponiamo che qualcuno
abbia in mente un progetto "brillante". Supponiamo che
abbia trascorso "anni in soffitta morendo di fame" nella
stesura di un progetto nuovo e meraviglioso di qualcosa, ed ora
vuole passare a produrlo. Non è forse un'ingiustizia che
qualche grande azienda decida di fargli concorrenza, di rubargli
il mercato e farlo "morire di fame"?
Devo sottolineare che quanti lavorano nel settore dell'alta tecnologia
generalmente non operano in proprio, che le idee non prendono
forma nel vuoto -- sono basate su quelle altrui -- e che oggigiorno
vantano ottime probabilità di ottenere un buon impiego
qualora ne avessero bisogno. Perciò un tale scenario --
il fatto che un'idea brillante sia scaturita da qualcuno che lavora
in solitudine -- è inverosimile, così come impensabile
è l'eventualità che sia in pericolo di morire di
fame.
È invece plausibile che qualcuno possa avere una buona
idea che, insieme ad altre 100 o 200, sia alla base della realizzazione
di un qualche tipo di prodotto, e che le grandi aziende vogliano
fargli concorrenza. Vediamo perciò cosa potrebbe accadere
nel caso costui tenti di usare un brevetto per bloccarle. Eccolo
dire all'IBM: "No, non puoi competere con me, quel brevetto
è mio." Al che l'IBM replica: "Vediamo un po'
il tuo prodotto. Noi abbiamo questo brevetto, e quest'altro, quest'altro,
quest'altro, quest'altro, e quest'altro ancora, rispetto ai quali
il tuo prodotto commette delle infrazioni. Se credi di poter controbattere
a tutti questi brevetti in tribunale, sicuramente ne troveremo
degli altri. Perché invece non ci cediamo reciprocamente
le licenze?" E allora al brillante inventore non resta che
cedere: "Va bene, scambiamoci pure le licenze." Così
può rimettersi al lavoro e portare a termine quel meraviglioso
progetto. Ma lo stesso fa l'IBM, la quale ottiene "l'accesso"
al suo brevetto e anche il diritto a fargli concorrenza, il che
significa che tale brevetto non lo ha "tutelato" affatto.
Non è questo l'obiettivo del sistema dei brevetti.
Per la gran parte, le mega-corporation evitano i pericoli di tale
sistema; ne sperimentano principalmente i lati positivi. Questo
il motivo per cui vogliono avere i brevetti sul software: saranno
loro a trarne vantaggio. Ma ciò non funziona il piccolo
inventore o chi lavora in una piccola struttura. Possono provarci,
ma il problema è che un'azienda di proporzioni limitate
non arriverà mai a possedere una quantità adeguata
di brevetti per riuscirci (cioè, costringere gli altri
allo scambio reciproco delle licenze).
Ciascun brevetto punta in una certa area. Così se una piccola
azienda possiede dei brevetti relativi a determinati settori,
e laggiù (Stallman indica in una direzione diversa) c'è
qualcuno che gliene punta uno contro e vuole tutti i soldi, alla
piccola azienda non resta che arrendersi. L'IBM può permetterselo,
perché con 9000 brevetti copre ogni settore; a prescindere
dall'area in cui si operi, è probabile esista già
un brevetto dell'IBM. Questa può così costringere
quasi sempre gli altri allo scambio reciproco delle licenze. Le
piccole aziende possono riuscirci invece solo occasionalmente.
Sostengono di volere i brevetti a scopo difensivo, ma non riescono
mai ad accumularne abbastanza da poterlo fare realmente.
Esistono tuttavia dei casi in cui neppure l'IBM può costringere
qualcuno a scambiare delle licenze a vicenda. Ovvero quando l'unica
attività di un'impresa è quella di prendere un brevetto
e spremere soldi dagli altri. Esattamente ciò che faceva
l'azienda detentrice del brevetto per il ricalcolo secondo l'ordine
naturale. L'unica sua pratica consisteva nel minacciare gli altri
di denuncia e incassare le quote di chi stava effettivamente sviluppando
qualche prodotto.
Non esistono brevetti sulle procedure legali. Credo che gli avvocati
comprendano bene gli affanni di avere personalmente a che fare
con il sistema dei brevetti. Il risultato è che diventa
impossibile ottenere brevetti che possano costringere questo tipo
di aziende allo scambio reciproco. Così vanno in giro a
spremere soldi agli altri. Ma credo che entità quali l'IBM
considerino ciò parte del prezzo insito nell'attività
commerciale, e si siano adattate di conseguenza.
Questo dunque il quadro sulle possibilità di ottenere la
licenza di un brevetto, cosa realizzabile o meno, e di cui è
possibile o meno sostenere il peso economico -- il che ci porta
alla terza strategia.
Ribaltare il brevetto in tribunale
Normalmente, qualsiasi cosa venga brevettata
deve risultare nuova, utile e non ovvia. (Questa la terminologia
usata negli Stati Uniti; credo che in altri paesi il linguaggio
sia pressoché analogo). Naturalmente, quando entra in ballo
l'ufficio brevetti inizia a dare la propria interpretazione di
"nuovo" e "originale". Si scopre così
che "nuovo" equivale a "non presente nel nostro
archivio" e "non ovvia" tende a significare "non
ovvia per qualcuno con un quoziente d'intelligenza di 50"
[per una persona comune è intorno ai 140].
Secondo qualcuno che studia la maggior parte dei brevetti sul
software assegnati negli Stati Uniti -- almeno, una volta era
solito farlo, non so se riesce ancora a starci dietro -- il 90
per cento non avrebbe superato "l'esame di Crystal City",
per intendere che nel caso gli addetti all'ufficio brevetti avessero
deciso di passare in edicola e procurarsi qualche rivista d'informatica,
avrebbero scoperto come quelle idee fossero già note.
L'ufficio brevetti prende decisioni così chiaramente folli
che non occorre neppure essere aggiornati sulle ultima novità
per rendersi conto della loro assurdità. Ciò non
si limita soltanto al software. Una volta ho visto il famoso brevetto
sul topo di Harvard, ottenuto dopo che i ricercatori locali avevano
modificato geneticamente il topo iniettandogli il gene portatore
del cancro. Tale gene era già conosciuto, e venne inserito
ricorrendo a tecniche note all'interno di una catena preesistente
di cellule di topo. Il brevetto concesso loro copriva l'inserimento
di qualsiasi gene portatore di cancro in qualunque mammifero usando
un metodo qualsiasi. Non occorre saper nulla di ingegneria genetica
per rendersi conto di quanto ciò sia ridicolo. Mi si dice
che questo "eccesso di rivendicazione" sia pratica comune,
e che talvolta l'ufficio brevetti statunitense invita i richiedenti
a estendere ulteriormente il campo coperto dal brevetto. Praticamente
si finisce per coprire il massimo possibile fino a quando non
ci si accorge di essere vicini a un'area certamente già
occupata da opere precedenti. Si cerca di arraffare quanto più
territorio possibile dello spazio mentale a disposizione.
Quando i programmatori considerano molti brevetti sul software,
non possono far a meno di osservare: "quest'idea è
ridicolmente ovvia!" I burocrati dei brevetti tirano fuori
ogni tipo di scuse pur di giustificare la loro ignoranza del pensiero
dei programmatori. Replicano così: "Bisogna però
considerarla rispetto a come stavano le cose dieci o venti anni
fa". Per poi scoprire che se portate alle estreme conseguenze,
simili posizioni diventano controproducenti. Qualsiasi cosa può
apparire originale quando se ne scompongono i pezzi, quando la
si analizza abbastanza a fondo. Semplicemente svanisce ogni standard
di ovvietà, o quantomeno si perde la la capacità
di giustificare qualunque standard di ovvietà o non ovvietà.
A quel punto, naturalmente, si finisce per descrivere tutti coloro
che possiedono un brevetto come dei brillanti inventori; di conseguenza,
non possiamo mettere in discussione il loro diritto a imporci
cosa fare.
Se si decide di andare in tribunale, è probabile che i
giudici mostrino maggiore attenzione alla questione della ovvietà
o meno. Ma il problema è che per arrivarci bisogna spendere
milioni di dollari.
Ho sentito parlare di un caso, l'accusato ricordo era la Qualcomm,
in cui credo la sentenza finale fu di 13 milioni di dollari, la
maggior parte dei quali servì a coprire l'onorario degli
avvocati di entrambe le parti. Rimasero un paio di milioni di
dollari per il querelante (fu la Qualcomm a perdere la causa).
In un contesto più ampio, la questione della validità
o meno di un brevetto dipende dalle circostanze storiche. Meglio,
da una gran quantità di indizi storici, tipo cosa e quando
venne pubblicato, il materiale che si riesce a recuperare, quello
non andato perduto, le date precise e così via. È
la presenza di un certo numero di prove storiche a determinare
la validità di un brevetto.
In realtà, è alquanto strano che British Telecom
presentò domanda nel 1975 per il brevetto sugli "hyperlink
accoppiato alla connessione telefonica". Credo fosse nel
1974 che il sottoscritto sviluppò per la prima volta il
pacchetto Info, grazie al quale è possibile collegare tra
loro gli hyperlink, mentre gli utenti usavano il telefono per
accedere al sistema. Di fatto avevo realizzato un'invenzione precedente
a quel brevetto. Questa è la seconda idea brevettabile
che so di aver avuto in vita mia.
Ma non credo di avere alcuna prova al riguardo. Non l'avevo considerata
sufficientemente importante da pubblicarla. Dopo tutto, l'idea
di seguire gli hyperlink mi venne dalla dimostrazione dell'elaboratore
creato da Doug Engelbart. Fu lui ad avere un'idea interessante
da pubblicare. Quel che feci io lo definii "ipertesto del
pover'uomo", poiché dovetti implementarlo nel contesto
del TECO [acronimo per Text Editor and COrrector, era l'aggiornamento
di un elaboratore testi per telescriventi, adattato da Stallman
alla macchina PDP-6 operante nel laboratorio di intelligenza artificiale
del MIT, con innovazioni importanti per quei tempi, primi anni
'70, come i testi a tutto schermo]. Non risultò altrettanto
potente del suo ipertesto, ma almeno si dimostrò utile
per navigare nella documentazione, che era poi l'obiettivo finale.
E per quanto concerne l'accesso via telefono al sistema, bé,
funzionava così, non mi venne in mente che esistesse una
relazione particolare tra le due cose. Non pensai di dover pubblicare
una ricerca per dire: "Ho realizzato l'ipertesto del pover'uomo,
e indovinate un po', c'è la linea telefonica anche nel
computer!"
Sospetto non esista alcun modo per stabilire con esattezza la
data in cui riuscii ad implementare tutto ciò. Venne forse
pubblicato in qualche modo? Bé, invitammo alcuni ospiti
dal giro di ARPANET a collegarsi online dalla nostra macchina
-- può darsi che navigando nella documentazione usando
il pacchetto Info si siano accorti della cosa. Se ce l'avessero
chiesto, avrebbero scoperto l'esistenza dell'accesso tramite la
chiamata telefonica. Come è possibile notare, quindi, sono
le circostanze storiche a determinare l'esistenza o meno di un'opera
precedente. Naturalmente esiste una pubblicazione sull'ipertesto
curata da Engelbart che loro, gli imputati, si apprestano a mostrare.
Non credo tuttavia dica nulla sul fatto dell'accesso telefonico
presente nel computer, per cui non è chiaro se ciò
potrà risultare sufficiente.
La possibilità di andare in tribunale per ribaltare il
brevetto rappresenta un'opzione possibile. A causa delle spese
necessarie, però, viene considerata di rado pur potendo
provare l'esistenza certa di un'opera precedente che sembri sufficiente
a ribaltare il brevetto. Come risultato, un brevetto non valido,
un brevetto che a livello nominale non avrebbe dovuto esistere
(come infatti dovrebbe essere per moltissimi brevetti), rappresenta
un'arma pericolosa. Se qualcuno vi attacca con un brevetto non
valido potrebbe davvero procurarvi grossi guai. Potreste bluffare
tirando fuori un'opera precedente. Dipende dal fatto se ciò
possa essere sufficiente per spaventarli. Potrebbero invece pensare,
"Bé, stai soltanto bluffando, non ce la farai ad andare
in tribunale, non puoi permettertelo, per cui ti denunciamo lo
stesso."
Tutte e tre questi scenari costituiscono altrettante opzioni a
disposizione, ma spesso è impossibile usarle. In pratica
occorre affrontare un brevetto dopo l'altro. Ogni volta può
darsi sia possibile ricorrere a una di tali opzioni, ma subito
dopo c'è un altro brevetto e poi un altro ancora. È
come attraversare un campo minato. È difficile che a ogni
passo, a ogni decisione progettuale, si possa cadere su un brevetto
esistente, e per un raggio limitato è probabile non ci
sia alcuna esplosione. Ma le probabilità di riuscire ad
attraversare indenni il campo minato e sviluppare il programma
che si ha in mente senza mai inciampare in un brevetto, diminuiscono
in maniera direttamente proporzionale all'ampiezza del programma.
A questo punto, qualcuno è solito chiedermi, "Anche
in altri settori esistono i brevetti, perché mai il software
dovrebbe esserne esente?" Notiamo la stranezza di questa
supposizione, per cui in qualche modo saremmo tutti costretti
a soffrire passando attraverso il sistema dei brevetti. È
come dire, "C'è gente che si prende il cancro, perché
non dovresti averlo anche tu?" Per come la vedo io, è
un bene che non tutti siano malati di cancro.
Ma dietro quest'aspetto si nasconde una domanda meno pregiudiziale,
una buona domanda: il software è forse diverso da altri
settori? Le politiche sui brevetti dovrebbero forse essere diverse
per ciascun ambito? Se sì, perché mai?
Consideriamo l'intera questione: i brevetti hanno funzionalità
diverse a seconda dei settori, perché si comportano altrettanto
diversamente con i rispettivi prodotti.
Ad un estremo abbiamo l'industria farmaceutica, dove una determinata
formula chimica ottiene il brevetto in modo tale che questo copra
un unico e singolo prodotto. Una nuova medicina non può
essere coperta da un brevetto preesistente. Se dev'esserci un
brevetto per questo nuovo prodotto, verrà assegnato a chiunque
lo abbia sviluppato.
Ciò è coerente con l'idea infantile del sistema
dei brevetti che abbiamo oggi: se hai realizzato qualcosa di nuovo,
te ne spetta "il brevetto". L'idea è che a ciascun
prodotto corrisponda un brevetto in grado di coprire l'idea alla
base di quel prodotto. In alcuni settori tale scenario è
vicino alla realtà; in altri assai lontano.
Il software rientra all'estremo opposto di questa seconda categoria:
ciascun programma interseca numerosi brevetti. Ciò per
via del fatto che normalmente i pacchetti software sono di ampie
dimensioni. Fanno uso di molte idee diverse in combinazione tra
loro. Se il programma è nuovo e non soltanto copiato, allora
è probabile ricorra a una differente combinazione di idee
-- inserite, ovviamente, all'interno di codice sorgente interamente
riscritto, perché è impossibile limitarsi a enunciare
tali idee e farle funzionare come per magia. Bisogna implementarle
una dopo l'altra all'interno di quella combinazione.
Ne risulta che anche nella stesura di un programma si fa uso di
molte idee differenti, ciascuna delle quali potrebbe essere stata
brevettata da persone diverse. In ogni programma esistono perciò
migliaia di elementi, migliaia di punti vulnerabili potenzialmente
già coperti dal brevetto di qualcuno.
Ecco perché i brevetti sul software tendono a ostacolare
il progresso del software -- il lavoro di sviluppo di un programma.
Se fosse "un brevetto, un prodotto", allora i brevetti
non impedirebbero lo sviluppo di nuovi prodotti perché
è impossibile che ciascuno di questi sia stato già
brevettato da qualcuno. Ma quando un programma è il risultato
della combinazione di parecchie idee diverse, è assai probabile
che il nuovo prodotto (in parte o per intero) sia già coperto
da qualche brevetto precedente.
Non a caso una recente indagine economica rileva proprio come
l'imposizione del sistema dei brevetti in un settore basato sull'innovazione
per incrementi possa rallentarne il progresso. I sostenitori del
sistema dei brevetti dicono, "Sì, è vero, possono
nascere dei problemi, ma ancora più importante è
il fatto che i brevetti debbano promuovere l'innovazione, e ciò
è talmente importante che non importa quanti problemi possano
provocare". Naturalmente si guardano bene dal dirlo ad alta
voce perché è un'affermazione ridicola, ma implicitamente
vogliono farci credere che fino a quando il sistema dei brevetti
riesce a stimolare il progresso ciò supera qualsiasi costo
possibile. Ma in realtà non esiste motivo per ritenere
che ciò sia effettivamente in grado di stimolare il progresso.
Oggi esiste un modello preciso a dimostrazione delle modalità
con cui i brevetti possono rallentare il progresso. Il caso in
cui applicare tale modello descrive abbastanza bene il campo del
software, un campo/sistema ad innovazione incrementale.
Perché il software si trova all'estremità opposta
dello spettro? Il motivo è che nel software sviluppiamo
oggetti matematici astratti. Si può costruire un castello
complicato e poggiarlo su una linea sottile, si reggerà
perché non pesa nulla. In altri settori, si ha a che fare
con la perversità della materia, degli oggetti fisici.
La materia è qualcosa di ben preciso. Possiamo tentare
di modellarla, ma se il comportamento reale non corrisponde al
modello predisposto allora sono guai, perché la sfida consiste
nel costruire oggetti materiali capaci di funzionare sul serio.
Se voglio inserire un costrutto "if" all'interno di
un "while" non devo preoccuparmi se il costrutto "if"
possa oscillare ad una determinata frequenza e collida con il
ciclo "while" provocando la rottura delle due strutture.
[L'intero esempio è basato su "if" e "while",
due costrutti usati nella programmazione]. Non ho bisogno di preoccuparmi
se ciò possa oscillare ad una frequenza così alta
da indurre una iniezione di segnale che provochi un cambiamento
di valore di qualche altra variabile. Né devo preoccuparmi
di quanta corrente attraversi il costrutto "if" e se
questo possa dissiparla in calore all'interno del ciclo "while",
o se possa verificarsi un calo di voltaggio all'interno del ciclo
"while" tale da impedire il funzionamento del costrutto
"if". Neppure devo preoccuparmi del fatto che, nel caso
faccia girare il programma in un ambiente con acqua salata, il
sale possa infilarsi tra il costrutto "if" e il ciclo
"while" e causare corrosione. [Il pubblico ride durante
tutto il corso della descrizione].
Non devo preoccuparmi, quando utilizzo il valore di una variabile,
se stia superando il limite di fan-out utilizzandola 20 volte.
Né devo preoccuparmi della sua capacità massima,
e se esista tempo sufficiente per caricarla alla giusta tensione.
Quando scrivo un programma, non ho bisogno di preoccuparmi di
come in seguito dovrò assemblare materialmente ogni copia
del programma, e se possa riuscire ad avere spazio sufficiente
per infilare quel costrutto "if" all'interno del ciclo
"while". Né devo preoccuparmi di come aprire
l'apparato nell'eventualità di una rottura del costrutto
"if" per rimuoverlo e sostituirlo con uno nuovo. Ci
sono così tanti problemi di cui non dobbiamo preoccuparci
con il software; ciò rende sostanzialmente più semplice
scrivere un programma anziché progettare un oggetto materiale
capace di funzionare.
Ciò potrà apparire strano, perché probabilmente
avrete sentito dire in giro quanto sia difficile progettare del
software, e quanto sia complicato trovare soluzioni adeguate ai
vari problemi. Non si tratta della medesima questione che sto
illustrando ora. Il confronto cui mi riferivo riguarda i sistemi
di software e quelli materiali aventi una complessità analoga,
un identico numero di componenti. Ritengo che un sistema di software
sia molto più facile da progettare di un sistema fisico.
Ma l'intelligenza usata in questi campi diversi è la stessa,
e allora cosa facciamo quando ci troviamo a operare in un contesto
semplice? Decidiamo di andare più avanti! Spingiamo al
limite massimo le nostre capacità. Di fronte alla semplicità
dei sistemi di dimensioni analoghe, ne aumentiamo la grandezza
di dieci volte -- allora sì che diventeranno difficili!
Ecco cosa facciamo: costruiamo sistemi di software molto più
estesi, in termini di numero dei componenti, dei sistemi fisici.
Un sistema fisico il cui progetto preveda un milione di pezzi
diversi diventa un megaprogetto. Un programma informatico che
includa un milione di pezzi raggiunge forse le 300.000 righe di
codice; un pugno di persone impiegheranno un paio d'anni per scriverlo.
Non si tratta di un programma particolarmente gigantesco. Oggi
GNU Emacs conta svariati milioni di pezzi, credo. È composto
da un milione di righe di codice. Si tratta di un progetto realizzato
essenzialmente senza alcun tipo di sostegno economico, in gran
parte scritto da varia gente nel proprio tempo libero.
Il software offre anche un altro grosso risparmio. Dopo aver progettato
un prodotto fisico, il passo successivo concerne la costruzione
edificare della fabbrica dove produrlo. Operazione che potrà
costare milioni o decine di milioni di dollari, laddove per fare
delle copie di un programma è sufficiente digitare "copia".
Lo stesso comando consente di copiare qualsiasi programma. Volendo
copiare su un CD, basta realizzare il master e spedirlo a un produttore
di CD. Qui verranno utilizzate le medesime apparecchiature impiegate
per copiare qualsiasi contenuto su un comune CD. Non bisogna costruire
una fabbrica specializzata capace di produrre ogni articolo specifico.
Il tutto comporta una semplificazione enorme e la drastica riduzione
dei costi nella fase di progettazione.
Un'azienda automobilistica, che spenderà 50 milioni di
dollari nella costruzione della fabbrica in cui verrà prodotto
un nuovo modello di autovettura, può assumere degli avvocati
per occuparsi delle trattative sulle licenze dei brevetti. Volendo,
potranno anche risolvere felicemente eventuali denuncie legali.
La progettazione di un programma di analoga complessità
potrà costare 50.000 o 100.000 dollari. Al confronto, le
spese per trattare con il sistema dei brevetti sono schiaccianti
-- anzi, la progettazione di un programma avente le stesse complessità
del progetto meccanico di un'autovettura richiede forse un mese
di lavoro. Di quante parti è composta un'automobile...
meglio, un'automobile priva di sistemi computerizzati? Ciò
non vuol dire che sia facile progettare un buon modello, soltanto
che questo non include poi così tante componenti.
(La trasmissione automatica è composta da circa 300-400
pezzi unici, e generalmente questa è la parte più
complicata di un autoveicolo. La fase di progettazione della trasmissione
può richiedere dai sei mesi a un anno, e a quel punto ci
vorrà ancora più tempo per costruirla e renderla
operativa. Invece un programma dotato di 500-800 parti funzionanti
sarà praticamente composto da 200-300 righe di codice,
e probabilmente un buon programmatore impiegherà da un
giorno a una settimana per realizzarlo, incluse prove e collaudi.)
Ne risulta che il software è veramente diverso da altri
settori, perché quando si lavora con elementi matematici
la progettazione di qualcosa è infinitamente più
semplice. Di conseguenza possiamo realizzare regolarmente sistemi
molto, molto più grandi grazie appena a un paio di persone.
Il risultato è che invece di essere vicini a "un brevetto,
un prodotto", ci troviamo in un sistema in cui ciascun prodotto
ingloba un enorme quantità di idee che potrebbero essere
già state brevettate.
Il modo migliore per illustrare questa situazione è l'analogia
con le sinfonie di musica classica. Anche una sinfonia è
lunga e comprende parecchie note diverse, e probabilmente usa
un gran numero di idee musicali. Proviamo ad immaginare cosa accadrebbe
se i governi dell'Europa del 1700 avessero deciso di promuovere
il progresso della musica sinfonica tramite l'attivazione di un
ufficio brevetti per la musica europea, con il compito di assegnare
i brevetti ad ogni tipo di idea musicale che fosse possibile descrivere
a parole.
Immaginiamo di trovarci verso il 1800 e di impersonare Beethoven
alle prese con la stesura di una sinfonia. Scoprirete ben presto
come metterne insieme una che non infranga nessun brevetto, sia
qualcosa di assai più arduo che scrivere una buona sinfonia.
Quando ve ne lamentate, i vari detentori brevetti potrebbero rispondere:
"Ah, Beethoven, ti lamenti soltanto perché non hai
idee originali. Tutto quello che vuoi fare è rubare le
nostre invenzioni". In realtà Beethoven ha un sacco
di nuove idee musicali -- ma deve anche usarne parecchie tra quelle
esistenti per rendere riconoscibile la sua musica, in modo che
possa piacere agli ascoltatori, i quali devono identificarla in
quanto musica. Nessuno è talmente brillante da poter reinventare
della musica completamente differente e realizzare al contempo
qualcosa a cui si voglia prestare ascolto. Pierre Boulez disse
di volerci provare, ma quanta gente ne ascolta la musica?
Nessuno è così brillante da poter reinventare tutta
l'informatica, per rifarla completamente da capo. Se qualcuno
potesse riuscirci, il risultato sarebbe talmente strano che gli
utenti si rifiuterebbero di utilizzarla. Quando consideriamo un
elaboratore testi odierno, vi scopriremo, credo, centinaia di
funzioni diverse. Se qualcuno sviluppa un elaboratore testi nuovo
e ben fatto, ciò vuol dire che presenta delle idee nuove,
ma dovrà comprendere anche centinaia di idee preesistenti.
Nel caso fosse illegale usarle, risulterebbe impossibile realizzare
un elaboratore testi innovativo. Poiché il lavoro dello
sviluppo del software è così ampio, ne risulta che
non abbiamo alcun bisogno di schemi artificiali per incentivare
nuove idee. Basta avere qualcuno che voglia scrivere del software
e l'ispirazione non mancherà di arrivare. Se volete scrivere
un programma di buon livello, vi verranno sicuramente delle idee
e troverete il modo di applicarne alcune.
Visto che opero nel campo del software fin da prima dell'arrivo
dei relativi brevetti, di solito succedeva che la maggior parte
degli sviluppatori pubblicava qualsiasi nuova idea ritenuta valida,
per le quali ritenevano di poter meritare qualche lode o riconoscimento.
Le idee troppo ridotte o non sufficientemente valide non venivano
pubblicate perché sarebbe stato sciocco farlo. Ora, si
suppone che il sistema dei brevetti debba incoraggiare la manifestazione
delle idee. In realtà in passato nessuno le custodiva gelosamente.
È vero che tenevano segreto il codice. In fondo scrivere
codice rappresentava il grosso dell'attività. Non rivelavano
il codice e ne pubblicavano le idee, in modo che gli sviluppatori
potessero ottenerne qualche riconoscimento e sentirsi apprezzati.
Dopo l'introduzione del sistema dei brevetti, continuarono a tenerne
segreto il codice brevettando al contempo le idee, e di fatto
non viene fatto assolutamente nulla per incoraggiare la diffusione
delle idee. Quello che veniva tenuto segreto allora rimane tale
ora, ma le idee che solitamente venivano pubblicate in modo che
altri potessero usarle oggi è probabile vengano brevettate
e tenute fuori portata per 20 anni.
Cosa può fare un paese per cambiare questa situazione?
In che modo dovremmo riformare l'attuale politica onde risolvere
il problema?
Due sono fronti che è possibile attaccare. Uno è
il luogo fisico addetto al rilascio dei brevetti, l'omonimo ufficio.
L'altro è laddove tali brevetti trovano applicazione. Questa
faccenda riguarda quel che copre effettivamente un brevetto.
Un modo è quello di stabilire un buon criterio per l'assegnazione
dei brevetti. Ciò può funzionare in un paese che
finora non ha ancora autorizzato il ricorso ai brevetti sul software,
come accade ad esempio nella maggior parte dei paesi europei.
Una buona soluzione per l'Europa sarebbe semplicemente quella
di rafforzare con chiarezza le norme dell'ufficio brevetti europeo,
che stabiliscono la non brevettabilità del software. Attualmente
l'Europa sta vagliando una direttiva per i brevetti sul software.
(Credo che tale direttiva sia di portata più ampia, ma
una delle implicazioni più importanti riguarda i brevetti
sul software). Sarebbe sufficiente modificarla ribadendo che le
idee sul software non possono essere coperte da brevetti, così
da tenere gran parte dei problemi fuori dall'Europa, fatta eccezione
per alcuni paesi che potrebbero trovarsi davanti a problemi interni,
e uno di questi purtroppo è la Gran Bretagna (purtroppo
per voi).
Un approccio simile non funzionerebbe negli Stati Uniti. Il motivo
è che qui esiste già un'ampia quantità di
brevetti sul software, e qualsiasi mutamento nel criterio per
l'assegnazione non potrà liberarsi di quelli precedenti.
(Quando parlo di "brevetti sul software" cosa intendo
dire in realtà? L'ufficio brevetti statunitense non divide
ufficialmente i brevetti sul software dagli altri. Così
qualsiasi brevetto che è possibile applicare a qualche
tipo di software viene considerato la base presumibilmente valida
per poter denunciare chiunque scriva dei programmi. I brevetti
sul software sono brevetti che si possono potenzialmente applicare
al software, brevetti che potenzialmente possono motivare la denuncia
contro chi sviluppa del software.)
Così per gli Stati Uniti la soluzione dovrebbe materializzarsi
tramite il cambiamento dell'applicabilità, dello scopo
dei brevetti: affermando cioè che la pura implementazione
del software, operante su un hardware generico che in sé
non infrange il brevetto, non è coperta da alcun brevetto
e non si può subire alcuna denuncia unicamente su tali
basi. Questo è l'altro tipo di soluzione possibile, mentre
la prima, quella relativa ai tipi di brevetti che possono risultare
validi, è una buona soluzione da applicare in Europa.
Quando negli Stati Uniti venne introdotto
il sistema dei brevetti non ci fu alcun dibattito politico. Anzi,
non se ne accorse nessuno. Per la maggior parte, neppure quanti
operavano nel campo del software ne presero nota. Nel 1981 una
decisione della Corte Suprema prese in esame il brevetto su un
procedimento per la lavorazione della gomma. Secondo la sentenza,
il fatto che l'apparecchiatura in questione fosse dotata di computer
e di programma come parte del processo per la lavorazione della
gomma, non ne impediva la brevettabilità. L'anno successivo,
la corte d'appello che si occupa di tutti i casi relativi ai brevetti
chiarì meglio il concetto: l'esistenza di un computer e
di un programma rende il prodotto brevettabile. Il fatto che all'interno
di un oggetto qualsiasi ci sia un computer e un programma, consente
la brevettabilità di tale oggetto. Ecco perché negli
Stati Uniti piovvero le richiesta di brevetti sulle procedure
commerciali: queste venivano eseguite tramite un computer e ciò
le rendeva brevettabili.
Così venne emanata quella sentenza, e subito dopo credo
che il brevetto per il ricalcolo secondo l'ordine naturale fosse
uno dei primi ad essere assegnato, se non addirittura il primo.
Per tutti gli anni '80 non ne sapemmo nulla. Fu intorno al 1990
che i programmatori statunitensi iniziarono a rendersi conto dei
pericoli cui andavano incontro con il sistema dei brevetti. Ho
visto come operava il settore prima di quel periodo e come lo
fece dopo. Dopo il 1990 non notai alcuna particolare accelerazione
del progresso operativo.
Negli Stati Uniti non si ebbe alcun dibattito politico, ma in
Europa se ne è avuto uno di ampie proporzioni. Parecchi
anni fa vennero segnalate forti pressioni per apportare degli
emendamenti al trattato di Monaco che implementava l'ufficio europeo
dei brevetti. Una clausola del documento stabilisce la non brevettabilità
del software. Le pressioni miravano a modificare tale clausola
in modo da iniziare a consentire i brevetti sul software. Ma la
comunità si accorse di questa manovra. Furono anzi gli
sviluppatori e gli utenti di software libero a guidare le proteste.
Non siamo soli noi a subire i pericoli del sistema dei brevetti.
Ogni sviluppatore ne è minacciato, e lo stesso vale anche
per gli utenti.
Ad esempio, Paul Heckel -- dopo che la Apple
non venne intimidita dalle sue minacce -- avvertì che avrebbe
preso a denunciarne gli utenti. L'eventualità preoccupò
non poco la Apple, la quale comprese che non poteva permettersi
di lasciar denunciare i propri clienti a quel modo, anche se in
ultima analisi avrebbero vinto la causa. Ma il punto è
che anche gli utenti posso subire una denuncia, sia come modo
per attaccare gli sviluppatori sia soltanto per spremere loro
dei soldi o provocare gravi danni. Tutti gli sviluppatori e gli
utenti sono vulnerabili.
Ma in Europa è stata la comunità del software libero
ad organizzare l'opposizione. Fu così che per due volte
i paesi responsabili dell'ufficio europeo dei brevetti votarono
no all'emendamento del trattato. Allora intervenne l'Unione Europea
e le varie commissioni si mostrarono divise sulla questione. Quella
il cui compito riguarda la promozione del software è contro
i brevetti, almeno così pare, ma non aveva potere decisionale
su questo tema. Ne è responsabile la commissione sul libero
mercato, e chi la presiede sembra favorevole ai brevetti sul software.
In pratica tale commissione non ha tenuto alcun conto delle posizioni
espresse dal pubblico, proponendo una direttiva che consente i
brevetti sul software.
Il governo francese ha già dichiarato la propria opposizione.
Molta gente sta facendo pressione sui vari governi nazionali affinché
si oppongano ai brevetti sul software, ed è vitale iniziare
a muoversi anche qui in Gran Bretagna. Secondo Hartmut Pilch,
uno dei leader europei nella battaglia contro i brevetti sul software,
l'impeto maggiore arriva dall'ufficio brevetti britannico, il
quale è aprioristicamente a favore dei brevetti sul software.
L'ufficio britannico ha condotto una serie di consultazioni pubbliche,
rivelatesi in maggioranza di segno contrario. Poi ha diffuso un
documento in cui si sostiene che la gente sembra apprezzare quei
brevetti, ignorando completamente le risposte ricevute dal pubblico.
In ogni caso, la comunità del software libero aveva avvisato
gli utenti, "Per favore inviate le risposte sia a loro che
a noi". Così hanno pubblicato tali risposte, che in
genere esprimevano opposizione. Sarebbe stato impossibile desumere
tutto ciò dal rapporto pubblicato dall'ufficio brevetti
britannico.
Questo ricorre spesso a un termine chiamato "effetto tecnico".
È una definizione che può essere ampliata in maniera
tremenda. Dovremmo credere che questa stia ad indicare che l'idea
di un programma possa essere brevettata soltanto nel caso in cui
si riferisca a specifiche azioni fisiche. Se questa è l'interpretazione
corretta, in gran parte risolverebbe ogni problema. Se fosse davvero
possibile brevettare soltanto le idee di un programma effettivamente
correlate allo specifico risultato tecnico, fisico brevettabile
in assenza di tale programma, ciò andrebbe bene. Il problema
sta nel fatto che quel termine può subire delle estensioni.
Quel che si ottiene facendo girare un certo programma può
essere descritto come un effetto fisico. In che modo quest'ultimo
si differenzia da qualsiasi altro risultato? Bé, lo è
in quanto deriva da quel calcolo specifico. Di conseguenza l'ufficio
brevetti britannico sta proponendo qualcosa che sembra condurre
per lo più alla soluzione del problema, ma che in realtà
offre carta bianca per poter brevettare quasi ogni cosa.
I responsabili dello stesso dipartimento sono coinvolti anche
sulle tematiche del copyright, che in realtà non c'entra
nulla con i brevetti sul software, eccetto per il fatto che in
questo caso se ne occupano le stesse persone. (Forse sono stati
indotti dal termine "proprietà intellettuale"
a mettere insieme le due questioni). Si tratta di interpretare
la recente direttiva dell'Unione Europea in tema di copyright,
normativa orribile tanto quanto il Digital Millennium Copyright
Act statunitense, pur se i singoli paesi hanno qualche spazio
di manovra sulla sua implementazione. La Gran Bretagna vorrebbe
massimizzare l'effetto tirannico della direttiva. Sembra che sia
un certo gruppo -- forse il Ministero del Commercio e dell'Industria?
-- a meritare la nostra attenzione. È necessario monitorarne
le attività, in modo da bloccare la creazione di nuove
forme di potere.
I brevetti sul software possono incastrare
ogni sviluppatore e ogni utente informatico in una nuova forma
di burocrazia. Se gli imprenditori che utilizzano i computer riuscissero
a comprendere il gran numero di problemi che ciò finirà
per provocare loro, sarebbero pronti a dar battaglia, e sono sicuro
che riuscirebbero a fermare queste iniziative. L'imprenditoria
non ha alcuna voglia di farsi legare le mani dalla burocrazia.
Naturalmente talvolta questa è utile al raggiungimento
di obiettivi importanti. Esistono alcuni settori in cui vorremmo
che il governo britannico si fosse dimostrato più rigoroso
nell'imporre maggiore burocrazia a certe aziende, come per lo
spostamento e il commercio di animali (onde rendere difficile
la diffusione della variante del morbo di Creutzfeldt-Jacob, meglio
noto come "mucca pazza"). Ma nei casi in cui ciò
non persegue altro scopo se non la creazione di monopoli artificiali
in modo che qualcuno possa interferire con lo sviluppo dei programmi
-- spremendo denaro dagli sviluppatori e dagli utenti -- allora
dovremmo opporre un rifiuto. Dobbiamo informare i dirigenti imprenditoriali
sulle conseguenze dei brevetti sul software nei loro confronti,
così da ottenerne il sostegno nella lotta contro i brevetti
sul software in Europa.
La battaglia non è ancora finita. Possiamo ancora vincerla.
-----
Trascrizione dell'intervento tenuto all'Università di Cambridge, Londra, il 25 marzo 2002. Questa versione fa parte del libro Free Software, Free Society: The Selected Essays of Richard M. Stallman, GNU Press, 2002
La copia letterale e la distribuzione di questo testo nella sua integrità sono permesse con qualsiasi mezzo, a condizione che sia mantenuta questa nota.