Diritto d'autore e globalizzazione nell'era delle reti informatiche
Introduzione
David Thorburn, moderatore: Il relatore di oggi, Richard Stallman, è una figura leggendaria del mondo informatico, e la mia esperienza nel tentativo di trovare un correlatore per condividere il podio con lui è stata istruttiva. Un distinto professore del MIT mi ha detto che Stallman va considerato al pari della figura carismatica di una parabola biblica - una sorta di aneddoto-lezione del Vecchio Testamento. "Immagina", mi ha detto, "un Mosè o un Geremia - meglio, un Geremia". Gli ho replicato: "Bene, davvero ammirevole. Ciò conferma la mia sensazione sul tipo di contributo che ha dato al mondo. Allora perché sei riluttante a dividere il podio con lui?" La sua risposta: "Come Geremia o Mosè, ne sarei semplicemente sopraffatto. Non posso tenere un intervento insieme a lui, ma se mi avessi chiesto di nominare cinque persone viventi nel mondo che hanno veramente aiutato tutti noi, Richard Stallman sarebbe uno di questi."
L'intervento di Stallman
Dovrei iniziare spiegando perché
ho rifiutato il permesso alla trasmissione sul web di questo forum,
nel caso la questione non fosse sufficientemente chiara: il programma
impiegato per la trasmissione sul web richiede all'utente di prelevare
determinato software per poter ricevere il segnale. Questo software
non è software libero. È disponibile a costo zero
ma soltanto come eseguibile, cioè una misteriosa sequenza
di numeri.
Ciò che fa è segreto. Non lo si può studiare,
non lo si può modificare, e certamente non se ne può
pubblicare una versione modificata. E queste rientrano fra le
libertà essenziali incluse nella definizione di "software
libero".
Così, se devo essere un onesto sostenitore del software
libero, non posso andare in giro a fare discorsi e poi spingere
le persone ad usare software non libero. Nuocerei alla mia stessa
causa. E se non dimostro di prendere i miei principi sul serio,
non posso aspettarmi che altri li prendano sul serio.
Tuttavia il mio intervento non riguarda il software libero. Dopo
aver lavorato per anni nel movimento per il software libero e
aver visto la gente usare alcune parti del sistema operativo GNU,
ho iniziato a ricevere inviti per tenere interventi nei quali
il pubblico prese a chiedermi: "Bene, come è possibile
ampliare le idee sulla libertà per gli utenti del software
ad altri tipi di cose?"
E naturalmente facevano domande stupide tipo, "Dovrebbe forse
essere libero anche l'hardware?", "Dovrebbe essere libero
questo microfono?"
Cosa significa tutto ciò? Dovremmo essere liberi di copiarlo
e modificarlo? Per quanto riguarda le modifiche, una volta comprato
il microfono, nessuno ci impedirà di modificarlo. E per
copiarlo, nessuno possiede una copiatrice di microfoni. Al di
fuori di Star Trek, queste cose non esistono. Forse un
giorno ci saranno analizzatori ed assemblatori nanotecnologici,
e sarà realmente possibile copiare un oggetto fisico, e
allora il problema del se si è liberi di farlo o meno comincerà
ad essere davvero importante. Vedremo aziende agricole che vorranno
impedire alla gente di copiare il cibo, e questo diventerà
un problema politico importante, se mai esisterà una simile
capacità tecnologica. Non so se succederà, a questo
punto si tratta soltanto di pura speculazione.
Ma per altri tipi di informazioni, il problema può essere
sollevato perché ogni tipo di informazione che può
essere memorizzata su un computer, presumibilmente, può
essere copiata e modificata. Così i problemi etici del
software libero, i problemi del diritto di un utente di copiare
e modificare il software, sono identici a quelli relativi ad altri
tipi di informazioni pubblicate. Non mi riferisco a informazioni
private, diciamo, i dati personali, che non devono essere mai
rese disponibili al pubblico. Parlo dei diritti di un utente quando
ottiene copie di cose pubblicate senza alcun tentativo di tenerle
segrete.
La storia del copyright
Per meglio illustrare le mie idee in materia,
vorrei rivedere la storia della distribuzione delle informazioni
e del diritto d'autore. Nel mondo antico, i libri erano scritti
a mano con una penna, e chiunque sapesse leggere e scrivere poteva
copiare un libro in maniera efficace come chiunque altro. Probabilmente
qualcuno che vi si dedicava tutto il giorno, aveva imparato a
farlo meglio, ma non esisteva alcuna differenza sostanziale. E
poiché le copie erano fatte una per volta, non c'era un
grande valore economico. Fare dieci copie richiedeva dieci volte
il tempo necessario per fare una copia. Non esisteva alcuna costrizione
verso la centralizzazione - un libro poteva essere copiato ovunque.
A causa di questa tecnologia, poiché non imponeva che le
copie fossero identiche, nel mondo antico non esisteva una differenza
sostanziale tra copiare e scrivere un libro. Ci sono cose nel
mezzo che avevano senso. Comprendevano l'idea di un autore. Sapevano,
diciamo, che una certa commedia era stata scritta da Sofocle,
ma tra scrivere un libro e copiare un libro, c'erano altre cose
utili che si potevano fare. Per esempio, si poteva copiare parte
di un libro, poi scrivere alcune parole nuove, copiare ancora
e scrivere alcune nuove parole e così via. Questo lo si
definiva "scrivere un commentario". Si trattava di un'attività
piuttosto comune, e questi commentari erano apprezzati.
Si poteva anche copiare un passaggio da un libro, poi scrivere
altre parole, e copiare un passaggio da un altro libro e scrivere
ancora e così via, e così si creava un compendio.
Anche i compendi erano molto utili. Ci sono opere che sono andate
perdute, ma parti di esse sono sopravvissute se riprese in altri
libri che hanno avuto più popolarità dell'originale.
Forse si sono copiate le parti più interessanti, e così
se ne sono fatte molte copie, ma non ci si è preoccupati
di copiare l'originale, perché non era abbastanza interessante.
Ora, per quanto posso saperne, nel mondo antico non esistevano
cose come il diritto d'autore. Chiunque volesse copiare un libro
poteva farlo. Più avanti, è stata sviluppata la
tecnica della stampa e i libri hanno iniziato ad essere stampati.
La stampa non è stata solo un miglioramento quantitativo
per copiare in maniera più agevole. Ha influenzato i diversi
tipi di copia in modo diverso perché ha introdotto una
certa economia di scala. Occorreva lavorare parecchio per impostare
la macchina tipografica, e assai meno lavoro per fare molte copie
identiche della pagina. Come risultato, la copia dei libri iniziò
a diventare un'attività centralizzata di produzione di
massa. Probabilmente le copie di un certo libro saranno state
fatte soltanto in determinati luoghi.
Ciò significava inoltre che i comuni lettori non potevano
copiare i libri in maniera efficace. Ci si riusciva solo se si
aveva una macchina per la stampa: era un'attività industriale.
Ora, nei primi secoli di vita della stampa, i libri stampati non
hanno sostituito totalmente le copie fatte a mano. Se ne facevano
ancora, a volte dai ricchi e a volte dai poveri. I ricchi lo facevano
per avere una copia particolarmente bella che avrebbe dimostrato
quanto erano ricchi, e i poveri lo facevano perché forse
non avevano abbastanza soldi per comprare una copia stampata,
ma avevano tempo per copiare un libro a mano. Come dice la canzone,
"Il tempo non è denaro quando tutto ciò che
hai è il tempo".
Così, si facevano ancora copie a mano. Fu nel 1800, credo,
che la stampa divenne in realtà abbastanza economica da
consentire anche ai poveri di acquistare libri stampati, se sapevano
leggere.
Ora, il diritto d'autore si è sviluppato insieme all'uso
della stampa e, considerando questa tecnologia, ha avuto l'effetto
di una regolamentazione industriale. Non regolava quel che fosse
concesso fare ai lettori; limitava ciò che potevano fare
gli editori e gli autori. Inizialmente in Inghilterra il diritto
d'autore è stato una forma di censura. Per pubblicare un
libro bisognava avere il permesso del governo. Ma poi il concetto
è cambiato. Con la Costituzione degli Stati Uniti, si giunse
ad un'idea diversa sugli scopi del diritto d'autore, e credo che
tale idea venisse accettata anche in Inghilterra.
Per la Costituzione statunitense venne proposto di assegnare il
copyright agli autori, un monopolio sulla copia dei propri libri.
Questa proposta fu respinta. Se ne adottò invece una fondamentalmente
diversa e cioè che, per promuovere il progresso, il Congresso
poteva stabilire eventualmente un sistema di diritti d'autore
che avrebbe poi creato questi monopoli. Così i monopoli,
secondo la Costituzione statunitense, non esistono per il bene
di chi li possiede; esistono per promuovere il progresso della
scienza. I monopoli sono concessi agli autori come modalità
per modificare il proprio comportamento onde fare qualcosa di
utile per il pubblico.
Così l'obiettivo è avere un maggior numero di libri
scritti e pubblicati che gli altri possano poi leggere. E si ritiene
che questo [il copyright] contribuisca ad una maggiore attività
letteraria, ad ampliare la produzione di scritti scientifici e
in altri campi, e che la società possa imparare grazie
a ciò. Questo è il fine da perseguire. La creazione
di monopoli privati è stata solo un mezzo per raggiungere
un certo fine, e questo è un fine pubblico.
Nell'epoca della stampa il diritto d'autore era praticamente indolore
perché si trattava di una regolamentazione industriale.
Limitava soltanto le attività di editori ed autori. In
senso stretto, anche i poveri che copiavano i libri a mano potevano
infrangere il diritto d'autore. Ma nessuno cercò mai di
imporre il copyright nei loro confronti perché venne considerato
una regolamentazione a livello industriale (1).
(1) Gli statuti originali parlavano soltanto di editoria e stampa. Non esisteva alcuna regolamentazione per la copia a mano -- molto probabilmente perché la regolamentazione riguardava l'industria.
Inoltre, nell'era della stampa era semplice
imporre diritto d'autore, perché andava applicato soltanto
laddove esistesse un editore, e gli editori, per la natura stessa
della loro attività, si facevano conoscere. Se si cerca
di vendere libri, bisogna dire al pubblico dove andare a comprarli.
Non si va nelle case di tutti ad imporre il diritto d'autore.
Infine, in quel contesto il diritto d'autore può essere
stato un sistema benefico. Negli Stati Uniti il copyright viene
considerato dagli studiosi di legge un patto tra il pubblico e
gli autori. Il pubblico scambia alcuni dei propri diritti naturali
a fare copie, e in cambio ottiene il beneficio di avere un maggior
numero di libri scritti e pubblicati.
Ora, si tratta di un patto vantaggioso? Be', quando il pubblico
non può fare delle copie perché queste vengono fatte
in maniera efficace solo con macchine per la stampa -- e la maggior
parte della gente non possiede tali macchine -- il risultato è
che il pubblico sta scambiando una libertà che non può
esercitare, una libertà che non è di nessun valore
pratico. Perciò se si possiede qualcosa che non è
di primaria importanza o è inutile, e si ha la possibilità
di scambiarla per qualcos'altro di un qualche valore, ci si guadagna.
Ecco perché a quel tempo può darsi che il diritto
d'autore sia stato un patto vantaggioso per il pubblico.
Ma il contesto va mutando, e ciò deve cambiare la nostra
valutazione etica del diritto d'autore. Ora, i principi alla base
dell'etica non sono modificati dai progressi nella tecnologia;
sono troppo fondamentali per essere toccati da simili contingenze.
Ma le nostre decisioni su una determinata questione dipendono
dalle conseguenze delle alternative disponibili, e le conseguenze
di una certa scelta possono cambiare quando cambia il contesto.
Questo è ciò che succede nell'area della legge sul
copyright, perché l'epoca della stampa sta per chiudersi,
lasciando gradualmente spazio all'era delle reti informatiche.
Le reti informatiche e le tecnologie dell'informazione digitale
ci riportano ad un ambito più simile al mondo antico, dove
chiunque sapesse leggere ed usare le informazioni poteva anche
copiarle e poteva fare copie facilmente al pari di chiunque altro.
Si tratta di copie perfette e valide quanto le copie che potrebbe
fare chiunque altro. Così la centralizzazione e l'economia
introdotta dalla stampa e da simili tecnologie va scomparendo.
Questo mutamento nel contesto generale cambia il modo in cui funziona
la legislazione in tema di diritto d'autore. Il copyright non
svolge più una funzione di regolamentazione dell'industria:
è diventata una restrizione draconiana imposta al pubblico.
Originariamente tale legislazione voleva essere una restrizione
imposta agli editori a favore degli autori; oggi, all'atto pratico,
è una restrizione imposta al pubblico a favore degli editori.
Una volta il diritto d'autore era una pratica relativamente priva
di effetti negativi, che non suscitava discussioni, e non costituiva
una limitazione per il pubblico. Oggi ciò non è
più vero. Se possedete un computer, l'interesse primario
degli editori è quello di imporvi delle restrizioni. Il
diritto d'autore una volta era facile da far rispettare perché
era una restrizione solo per gli editori, ed era facile trovarli
per esaminare quanto pubblicavano. Ora il diritto d'autore è
una restrizione su tutti e ciascuno di voi. Per imporne il rispetto
occorre sorveglianza, intrusioni e pene severe, e stiamo osservando
l'introduzione di queste misure nelle leggi degli Stati Uniti
e di altri paesi.
Il diritto d'autore era effettivamente uno scambio vantaggioso
per il pubblico, perché quest'ultimo dava in cambio delle
libertà che di fatto non poteva esercitare. Ma oggi il
pubblico può esercitare tali libertà. Cosa fate
se avete un sottoprodotto che una volta non vi serviva, eravate
abituati a scambiarlo e improvvisamente ne scoprite un uso? Potete
consumarlo o utilizzarlo. Cosa farete in pratica? Non lo scambiate
affatto, ne tenete almeno una parte. E naturalmente questo è
quanto vorrebbe fare la gente. È ciò che il pubblico
fa ogniqualvolta gli viene data voce per esprimere la propria
preferenza, conserva una parte della propria libertà e
la esercita. Napster, in cui il pubblico decide di esercitare
la libertà di copia invece di rinunciarvi, è un
grande esempio di questo principio. La cosa naturale da farsi
per rendere la normativa sul diritto d'autore adatta alla situazione
odierna è ridurre l'ammontare di potere nelle mani dei
detentori del copyright, ridurre la quantità di restrizioni
che essi impongono al pubblico, e aumentare la libertà
conservata dalla gente.
Ma ciò non piace agli editori, i quali vogliono esattamente
l'opposto. Gli editori intendono aumentare i poteri del diritto
d'autore fino al punto in cui possano controllare rigidamente
ogni utilizzo delle informazioni. Ciò ha portato a legislazioni
che concedono un aumento di potere senza precedenti per i detentori
del copyright. Vengono così sottratte quelle libertà
che il pubblico era solito mantenere nell'era della carta stampata.
Consideriamo ad esempio gli e-book, i libri elettronici. Oggi
vanno tremendamente di moda, è difficile evitarli. Mentre
ero in Brasile ho preso un aereo e nella rivista a bordo c'era
un articolo in cui si prevedeva che entro 10 o 20 anni saremmo
tutti passati agli e-book. Chiaramente, questo tipo di campagna
pubblicitaria è pagata da qualcuno. Perché? Credo
di saperlo. La ragione è che gli e-book costituiscono l'opportunità
per togliere alcune delle libertà che i lettori della carta
stampata hanno sempre avuto e continuano ad avere -- la libertà,
per esempio, di prestare un libro ad un amico, o di prenderlo
a prestito da una biblioteca pubblica, o di venderne una copia
ad un negozio di libri usati, o di comprarne una copia in modo
anonimo e senza dover inserire i dati dell'acquirente in un apposito
database. E forse persino il diritto di leggerlo due volte.
Sono queste le libertà che gli editori vorrebbero eliminare,
ma non possono farlo per i libri stampati perché sarebbe
una presa di potere troppo ovvia e provocherebbe una reazione
generalizzata. E così hanno trovato una strategia indiretta.
Prima, ottengono una legislazione che elimini questi diritti per
gli e-book quando non ci sono e-book; così non si crea
alcuna controversia. Non esistono lettori di libri elettronici
a difendere le libertà a cui erano abituati. Obiettivo
ottenuto con il Digital Millennium Copyright Act del 1998. Successivamente
hanno introdotto gli e-book, convincendo tutti a passare gradualmente
dai libri stampati a quelli elettronici, e il risultato finale
è che i lettori hanno perso quelle libertà senza
che ci sia stato un preciso momento in cui quelle libertà
siano state sottratte e ci si potesse battere per conservarle.
Allo stesso tempo possiamo osservare analoghi tentativi per privare
la gente delle proprie libertà nell'uso di altri tipi di
opere pubblicate. Ad esempio, i film su DVD vengono cifrati in
un formato considerato segreto -- era stato progettato per essere
segreto -- e l'unico modo per farsi dire dalle società
cinematografiche il metodo di cifratura, in modo da poter costruire
dei lettori DVD, era firmare un contratto che obbligava a implementare
determinate restrizioni negli apparecchi, con il risultato di
impedire al pubblico perfino l'esercizio dei propri diritti legali.
A un certo punto alcuni programmatori europei scoprirono il formato
dei DVD e scrissero un programma libero per leggerli (2). Ciò
rese possibile utilizzare software libero e GNU/Linux per guardare
un DVD regolarmente acquistato, il che è una cosa assolutamente
legittima. È giusto poterlo fare con software libero.
(2) Oggi esistono diversi pacchetti analoghi; il primo si chiamava "DeCSS".
Ma le società cinematografiche non
erano d'accordo, e portarono la questione in tribunale. Sapete,
l'industria cinematografica una volta produceva un sacco di film
con scienziati pazzi e qualcuno diceva, "Ma, dottore, ci
sono alcune cose che l'Uomo non dovrebbe conoscere". Probabilmente
queste società hanno visto troppi dei loro film, perché
sono giunte alla conclusione che il formato dei DVD fosse qualcosa
che l'Uomo non doveva conoscere, e sono riuscite ad ottenere una
sentenza di censura totale sul software usato per leggere i DVD.
È stato proibito persino l'inserimento di un link ad un
sito fuori dagli Stati Uniti dove è legale diffondere queste
informazioni. La sentenza è già stata portata in
appello. In tale occasione ho presentato un documento di sostegno,
e ne sono orgoglioso, anche se in effetti sto giocando un ruolo
minimo in questa specifica battaglia.
Il governo degli Stati Uniti è intervenuto direttamente
a sostegno della parte avversa. Ciò non deve sorprendere
se consideriamo in primo luogo il motivo per cui è stato
approvato il Digital Millennium Copyright Act. La ragione risiede
nel sistema di finanziamento delle campagne elettorali che abbiamo
negli Stati Uniti, cioè essenzialmente una corruzione legalizzata
in cui i candidati vengono comprati dalle varie aziende prima
ancora di essere eletti. E, ovviamente, conoscono bene i loro
padroni -- sanno per chi stanno lavorando, e approvano quelle
leggi che danno maggior potere a tali aziende.
Non sappiamo come andrà a finire questa battaglia. Nel
frattempo l'Australia ha approvato una legge simile e anche l'Europa
si appresta a farlo; il piano è di non lasciare alcun luogo
al mondo dove siano disponibili queste informazioni. Gli Stati
Uniti rimangono comunque i primi nel tentativo di impedire al
pubblico la distribuzione di informazioni già pubblicate.
Gli Stati Uniti non sono tuttavia il primo paese per cui ciò
rappresenti una priorità: era molto importante anche per
l'Unione Sovietica. Dove l'attività di fare copie non autorizzate
e ridistribuirle era nota come Samizdat, e per debellare il fenomeno
misero a punto una serie di metodi. Primo, guardie vicino ad ogni
dispositivo di copia, per controllare cosa venisse copiato e prevenire
copie vietate. Secondo, dure punizioni per chiunque fosse sorpreso
in attività di copia illecita: si poteva essere spediti
in Siberia. Terzo, incoraggiare la delazione, chiedendo a tutti
di spiare vicini e colleghi e riferire alla polizia dell'informazione.
Quarto, responsabilità collettiva: "Tu! Tu sei responsabile
per quel gruppo di persone! Se becco uno qualsiasi di loro a fare
copie illegali, in prigione ci vai tu. Quindi, è meglio
se li controlli per bene". E, quinto, la propaganda, a partire
dall'infanzia, per convincere tutti che solo un acerrimo nemico
del popolo rischierebbe di fare copie illecite.
Oggi gli Stati Uniti stanno utilizzando tutti questi metodi. Primo,
agenti a guardia dei dispositivi di copia. Nelle copisterie ci
sono guardie umane per controllare cosa si copia. Ma costerebbe
troppo ingaggiare degli esseri umani per fare lo stesso con gli
utenti di computer, il lavoro umano è troppo caro. Così
hanno messo a guardia dei robot. Questo è lo scopo del
Digital Millennium Copyright Act. L'unico modo per accedere a
certi dati è inserire nel computer un particolare software,
che vi impedisce di copiare quegli stessi dati.
Oggi esiste un progetto per l'introduzione di tale in ogni hard
disk, e in questo modo potreste trovarvi dei file a cui non potete
accedere, a meno di ottenere il permesso da qualche server di
rete. E il tentativo di aggirare quel software, o persino di dire
ad altri come aggirarlo, costituisce un crimine.
Secondo, punizioni dure. Alcuni anni fa, fare copie di qualcosa
e passarle a un amico giusto per aiutarlo, non costituiva reato;
non lo era mai stato negli Stati Uniti. Poi venne trasformato
in un crimine, e si può essere incarcerati per anni solo
per aver condiviso qualcosa con il vicino.
Terzo, informatori. Avrete visto quelle pubblicità in TV
e nella metropolitana di Boston che incitavano a denunciare i
colleghi alla polizia dell'informazione, ufficialmente nota come
Software Publishers Association.
Quarto, responsabilità collettiva. Negli Stati Uniti ciò
è stato fatto cooptando i provider d'accesso a internet,
rendendoli legalmente responsabili per tutto ciò che distribuiscono
i loro utenti. L'unico modo che hanno per non essere considerati
comunque responsabili è l'applicazione di una procedura
non modificabile per disconnettere l'utente o rimuovere l'informazione
inviata entro due settimane da un reclamo. Giusto qualche giorno
fa ho sentito che un sito di protesta contro alcune brutte pratiche
di Citybank è stato cancellato in questo modo. Oggigiorno,
non si fa nemmeno in tempo ad arrivare in tribunale: il vostro
sito viene semplicemente fatto sparire.
E infine, la propaganda a cominciare dall'infanzia. È per
questo che si ricorre al termine "pirata". Se ci pensate,
qualche anno fa tale termine veniva utilizzato per definire quegli
editori che non pagavano gli autori. Ma ora il significato è
stato completamente stravolto. Oggi viene applicato a quei membri
del pubblico che sfuggono al controllo degli editori. Viene usato
per convincere la gente che solo un nemico del popolo farebbe
delle copie illegali. Il termine trasmette il messaggio che "condividere
qualcosa con il vicino è moralmente equivalente ad attaccare
una nave". Spero che non siate d'accordo con questa caratterizzazione,
e se non lo siete, spero che vi rifiuterete di utilizzare il termine
in tal senso.
Gli editori stanno comprando delle leggi onde dotarsi di maggiori
poteri. Stanno inoltre estendendo la durata del diritto d'autore.
La Costituzione degli Stati Uniti dice che il copyright è
valido per un periodo di tempo limitato, ma gli editori vogliono
farlo durare per sempre. Ma siccome ottenere una modifica costituzionale
risulterebbe piuttosto difficile, hanno trovato un modo più
semplice per raggiungere lo stesso risultato. Ogni 20 anni si
estende in maniera retroattiva il diritto d'autore di 20 anni.
Così il risultato è che in ogni momento il diritto
d'autore dura nominalmente per un periodo determinato e un giorno
qualsiasi copyright è destinato a terminare. Ma quel termine
non verrà mai raggiunto perché ogni 20 anni quel
copyright verrà esteso di 20 anni; così nessuna
opera potrà mai tornare di pubblico dominio. Questa pratica
è stata chiamata "perpetual copyright on the installment
plan", copyright perpetuo nel progetto rateale.
La legge del 1998 che estende il diritto d'autore per ulteriori
20 anni è nota come il "Mickey Mouse Copyright Extension
Act" (3) perché uno dei suoi principali sponsor fu
la Disney. Questa si rese conto che il diritto d'autore su Topolino
stava per scadere, qualcosa che andava assolutamente evitato perché
da quel copyright guadagna molto denaro.
(3) Il titolo ufficiale è "The Sonny Bono Copyright Term Extension Act".
Globalizzazione
In effetti il titolo di questo intervento
doveva essere "Diritto d'autore e Globalizzazione".
Per quanto riguarda la globalizzazione, questa viene portata avanti
tramite una serie di politiche implementate in nome dell'efficienza
economica ovvero i cosiddetti accordi per il libero commercio,
che in realtà sono pensati per dare potere alle imprese
a scapito delle leggi e della politica. Non hanno nulla a che
fare con il libero scambio, ma piuttosto con un trasferimento
di potere: togliere il potere decisionale e legislativo ai cittadini
di qualsiasi paese possa plausibilmente tenere in considerazione
i propri interessi, e assegnarlo alle imprese, che non terranno
nella minima considerazione l'interesse di quei cittadini.
Dal loro punto di vista, è la democrazia ad essere un problema
e questi accordi vengono stipulati per porvi fine. Ad esempio,
il NAFTA (4) contiene dei provvedimenti che, mi sembra, consentono
alle aziende di querelare un altro governo per sbarazzarsi di
qualche legge che ritengano stia interferendo con i loro profitti
in quel paese. Così le società straniere possono
avere maggior potere dei cittadini di una nazione.
(4) North American Free Trade Agreement.
Sono in atto tentativi per ampliare queste
posizioni oltre il NAFTA. È ad esempio questo uno degli
obiettivi della cosiddetta "area del libero scambio delle
Americhe", che mira ad estendere questo principio a tutti
i paesi sudamericani e caraibici, mentre l'accordo multilaterale
sugli investimenti doveva estenderlo al mondo intero.
Una cosa evidenziatasi negli anni '90 è che tali accordi
hanno iniziato ad imporre il copyright in tutto il mondo, in maniera
sempre più forte e restrittiva. Questi trattati non sono
accordi per il libero scambio. Sono in realtà accordi commerciali
utilizzati per fornire alle aziende il controllo sul commercio
in tutto il mondo, in modo da eliminare il libero scambio.
Quando nel 1800 gli Stati Uniti era un paese in via di sviluppo,
lo stato non riconosceva i diritti d'autore esteri. Questa fu
una decisione presa con attenzione, e si rivelò intelligente.
Si convenne che, per gli Stati Uniti, il riconoscimento di quei
diritti sarebbe stato semplicemente svantaggioso e avrebbe succhiato
denaro senza dimostrarsi particolarmente utile.
Oggi si dovrebbe applicare la stessa logica ai paesi in via di
sviluppo, ma gli Stati Uniti hanno sufficiente potere per costringerli
ad andare contro i propri interessi. In realtà è
un errore parlare degli interessi delle nazioni in questo contesto.
Infatti, sono sicuro che la maggior parte di voi sappia quanto
sia sbagliato tentare di giudicare l'interesse pubblico facendo
la somma della ricchezza individuale. Se i lavoratori americani
perdessero un miliardo di dollari e Bill Gates ne guadagnasse
due, forse che gli americani sarebbero in generale più
ricchi? Potrebbe dirsi un bene per l'America? Se si considera
solo la cifra totale, sembra lo sia. Tuttavia, l'esempio mostra
in concreto che guardare al totale è il modo sbagliato
di giudicare, poiché Bill Gates non ha alcun bisogno di
altri due miliardi di dollari, ma la perdita di un miliardo di
dollari da parte di chi non ha altrettanto denaro da cui partire
può essere dolorosa. Dunque, discutendo su uno di questi
trattati commerciali, quando si sente qualcuno parlare degli interessi
di questa o di quella nazione, non si fa altro che sommare le
entrate di tutti i cittadini. I ricchi vengono sommati ai poveri.
È solo una scusa per mettere in atto lo stesso inganno
per farci ignorare l'effetto sulla distribuzione delle ricchezze
all'interno del paese e il fatto che quegli accordi la renderanno
ancora più disomogenea, come è accaduto negli Stati
Uniti.
Non è quindi l'interesse degli Stati Uniti a giovarsi dell'inasprimento
delle norme sul diritto d'autore in tutto il mondo. È solo
quello di alcuni imprenditori, molti dei quali vivono in quel
paese, mentre altri risiedono altrove. Ciò non favorisce
in alcun modo l'interesse pubblico.
Ripensare il copyright
Ma cosa ha senso fare? Se crediamo nello
scopo del diritto d'autore incluso, ad esempio, nella Costituzione
degli Stati Uniti, cioè quello di promuovere il progresso,
quali linee politiche intelligenti andrebbero seguite nell'era
delle reti informatiche? Chiaramente, anziché aumentare
i poteri del copyright dovremmo ridimensionarli in modo da offrire
al pubblico un certo grado di libertà, con cui trarre vantaggio
dai benefici della tecnologia digitale e delle reti informatiche.
Ma fino a che punto si deve arrivare? È una domanda interessante,
poiché non credo sia necessario abolire totalmente il diritto
d'autore. L'idea di rinunciare ad alcune libertà in cambio
di un maggior progresso risulterebbe vantaggiosa ad un certo livello,
anche se il copyright tradizionale rinuncia a troppa libertà.
Ma per ragionare in maniera intelligente sulla questione, la prima
cosa da riconoscere è che non esiste alcun motivo per rendere
tutto uniforme. Non c'è alcuna ragione per insistere nell'avere
un unico accordo per ogni tipo di opere.
Anzi, questo è un caso già superato poiché
esistono numerose eccezioni per la musica. La legislazione sul
diritto d'autore considera le opere musicali in maniera molto
diversa tra loro. Ma i produttori ricorrono astutamente a un'arbitraria
insistenza sull'uniformità. Prendono in esame alcuni casi
particolari e sostengono degli argomenti secondo cui, in quei
casi particolari, sarebbe vantaggioso avere tutto questo diritto
d'autore. Successivamente affermano che, per uniformità,
le restrizioni applicate nei casi particolari devono essere estese
al tutto. Così, chiaramente, scelgono un caso particolare
in cui possono produrre gli argomenti più forti, anche
se tale caso è piuttosto raro e non così importante
nel contesto generale.
Ma forse, per quel caso specifico, è giusto che esista
tutto quel copyright. Non dobbiamo pagare lo stesso prezzo per
ogni cosa che compriamo. Spendere un migliaio di dollari per una
macchina nuova sarebbe un ottimo affare, ma spenderne altrettanti
per una confezione di latte sarebbe, al contrario, un pessimo
affare. Di certo, in altre situazioni della vita, non si pagherebbe
un prezzo speciale per tutto ciò che si compra. Perché
farlo in questo caso?
Dobbiamo considerare le varie opere in maniera diversa tra loro,
e vorrei proporvi un possibile modo per farlo.
La prima serie di opere riguarda quelle funzionali -- ovvero,
opere il cui utilizzo consente di portare a termine un qualche
compito.
Questa categoria include ricette, programmi informatici, manuali
e libri di testo, opere di consultazione come dizionari ed enciclopedie.
Credo che per tutte queste opere funzionali la questione sia essenzialmente
identica del software e possono essere applicate le stesse conclusioni.
Si dovrebbe avere la libertà di pubblicarne anche una versione
modificata, poiché è molto utile modificare una
di tali opere. Le necessità della gente non sono le stesse
per tutti. Se io scrivo un'opera affinché faccia qualcosa
che credo debba essere fatto, qualcun altro potrebbe avere un'idea
diversa al riguardo. E costui potrebbe voler modificare quell'opera
per fargli fare ciò che è meglio per lui. A questo
punto, altre persone potrebbero avere le stesse esigenze di chi
ha modificato l'originale, e la versione modificata potrebbe andar
bene anche per loro. Chiunque cucini lo sa, e lo sa da centinaia
di anni. È del tutto normale fare copie di ricette e distribuirle
ad altri, ed è altrettanto normale modificare una ricetta.
Se si cambia una ricetta e la si prepara per gli amici e a loro
piace, potrebbero chiedere "Posso avere la ricetta?".
Allora si scriverà la propria versione della ricetta e
se ne daranno copie agli amici. Questa è la esattamente
la stessa cosa che, molto tempo dopo, abbiamo iniziato a fare
nella comunità del software libero.
Ecco dunque una prima categoria di opere.
La seconda tratta delle opere il cui obiettivo è diffondere
il pensiero di determinate persone. Il loro intento è parlare
di tali persone. Ciò include, ad esempio, memorie, saggi
d'opinione, articoli scientifici, offerte di compravendita, cataloghi
di prodotti in vendita. Il punto centrale di queste opere è
che esprimono ciò che qualcuno pensa, ha visto o crede.
Modificarle significa mistificare quel che intende dire l'autore;
modificare queste opere non è attività socialmente
utile. Perciò la copia letterale è l'unica cosa
che si può veramente essere autorizzati a fare.
La domanda successiva è: si dovrebbe avere il diritto di
commerciare con tali copie letterali? Oppure è sufficiente
la copia letterale senza fini di lucro? Come vediamo, qui si tratta
di due attività diverse tra loro, per cui affronteremo
le due questioni in maniera separata - il diritto di fare copie
letterali a scopo non commerciale e quello di farle a scopo di
lucro. Dunque, un buon compromesso potrebbe essere quello di avere
copie commerciali coperte dal diritto d'autore accordando però
a tutti il diritto di farne copie letterali non commerciali. In
tal modo, il copyright sulle copie commerciali, così come
sulle versioni modificate -- solo l'autore può approvare
una versione modificata - continuerà a produrre lo stesso
flusso di entrate fornito ora per sovvenzionare la scrittura di
tali opere, in qualsiasi misura lo faccia.
Consentire la copia letterale non commerciale vuol dire che il
diritto d'autore non deve invadere più la casa di nessuno.
Diventa nuovamente una regolamentazione industriale, facile da
rinforzare e indolore, non richiedendo più punizioni draconiane
e informatori per imporla. Così possiamo ottenere il massimo
del beneficio del sistema attuale, evitandone buona parte dell'orrore.
La terza categoria riguarda le opere artistiche o di intrattenimento,
in cui la cosa più importante è la sensazione che
si prova nel guardarle. In questo caso il problema della modifica
è molto complesso poiché, se da un lato c'è
l'idea che queste opere riflettono la visione di un artista, modificandole
se ne mistifica tale visione. Dall'altro lato, si ha il fatto
che spesso esiste un processo di rielaborazione popolare, in base
al quale attraverso le modifiche apportate da una serie di persone,
si producono a volte dei risultati di alto livello. Spesso anche
per gli stessi artisti è utile attingere da opere precedenti.
Alcuni dei lavori di Shakespeare si basano su trame prese da opere
altrui. Se fossero state in vigore le attuali leggi sul diritto
d'autore, queste opere sarebbero state illegali. La questione
del cosa fare circa la pubblicazione di versioni modificate di
un'opera artistica o estetica è complessa, e per risolvere
il problema forse dovremmo introdurre ulteriori suddivisioni della
categoria. Ad esempio, il settore dei computer game potrebbe essere
trattato in maniera particolare, dove ognuno sarebbe libero di
pubblicarne versioni modificate. Ma forse un romanzo dovrebbe
essere trattato diversamente; in questo caso, forse la pubblicazione
a scopo commerciale dovrebbe richiedere un accordo con l'autore
originale.
Ora, se la pubblicazione commerciale di queste opere artistiche
è coperta da copyright, ciò fornirà la maggior
parte delle entrate oggi disponibili per sostenere gli autori
e i musicisti, nella misura limitata in cui il sistema attuale
li sostiene, visto che [tale sistema] svolge una pessima funzione.
Potrebbe perciò trattarsi di un compromesso ragionevole,
come nel caso precedente delle opere che rappresentano determinate
persone.
Se si guarda al futuro, al tempo in cui l'era delle reti informatiche
sarà davvero iniziata, quando avremo superato questo stadio
transitorio, si può immaginare per gli autori un altro
metodo per far soldi dalle proprie opere. Si pensi ad un sistema
di pagamento digitale che consenta di ottenere denaro per il proprio
lavoro. Possiamo immaginare un sistema di pagamento digitale che
permetta di inviare a qualcuno denaro attraverso Internet; ciò
può essere realizzato in vari modi, utilizzando la crittografia,
ad esempio. Si immagini che sia consentita la copia letterale
di queste opere artistiche, ma scritte in modo che, quando le
si ascolti o le si legga o le si guardi, in un angolino dello
schermo appaia una finestrella che dice "Premere questo pulsante
per spedire un dollaro all'autore", o al musicista o a chiunque
sia. Questa finestra compare e basta, non è invadente,
sta nel suo angolino. Non dà fastidio, ma è lì,
a ricordarvi che è una buona cosa sostenere scrittori e
musicisti.
Perciò, se l'opera che si sta leggendo o ascoltando piace,
si può pensare "Perché non dare un dollaro
a questa gente? È solo un dollaro. Cosa vuoi che sia? Non
mi mancherà di certo." E così le persone cominceranno
a spedire un dollaro. La cosa più bella di tutto ciò
è che il meccanismo renderebbe la copia un alleato di autori
e musicisti. Quando qualcuno ne invia a un amico una copia per
e-mail, costui potrebbe spedire un dollaro. Se l'opera piace veramente,
si potrebbe mandare un dollaro più di una volta e questo
dollaro sarebbe più di quanto gli autori guadagnano oggi
quando si acquista un loro libro o CD, poiché ora ricevono
solo una piccola parte del guadagno. Gli stessi editori che chiedono
il controllo totale sul pubblico in nome di autori e musicisti,
li stanno fregando da sempre.
Vi raccomando la lettura dell'articolo di Courtney Love sulla
rivista online Salon, un articolo sui pirati che usano il lavoro
dei musicisti senza pagarli. Questi pirati sono le case discografiche
che pagano ai musicisti il 4% dell'ammontare delle vendite, in
media. Ovviamente, i musicisti di successo hanno più potere:
prendono più del 4% delle loro ampie vendite, il che vuol
dire che la maggior parte dei musicisti con un contratto di produzione
riceve meno del 4% delle loro vendite limitate.
Ecco come funziona: la società discografica investe in
pubblicità e considera questa spesa un anticipo ai musicisti,
anche se questi ultimi non vedranno mai quei soldi. Perciò
in teoria quando si acquista un CD, parte di quel denaro dovrebbe
andare ai musicisti, ma in pratica non sarà così.
In realtà andrà a rimborsare le spese pubblicitarie
e i musicisti vedranno parte di quel denaro solo se otterranno
molto successo.
I musicisti, naturalmente, firmano i contratti perché sperano
di essere tra i pochi fortunati ad avere un grande successo. Sostanzialmente
vengono lusingati con l'offerta di una lotteria. Anche se sono
bravi, possono non essere così bravi e così sottili
nel ragionamento da accorgersi della trappola. Perciò firmano
e probabilmente quello che ottengono è solo la pubblicità.
Allora, perché non facciamo loro pubblicità in modo
diverso, non attraverso un sistema da complesso industriale che
limita il pubblico e che ci riempie di brutta musica facile da
vendere? Invece, perché non far sì che il naturale
impulso dell'ascoltatore a condividere la musica preferita diventi
alleato dei musicisti? Se utilizziamo il riquadro che appare sul
monitor per inviare un dollaro ai musicisti, allora le reti informatiche
potrebbero essere il sistema per far loro pubblicità, la
stessa pubblicità ora ottenuta tramite i contratti.
Dobbiamo riconoscere che l'attuale sistema del diritto d'autore
rende un cattivo servizio nel sostenere i musicisti, così
come il commercio mondiale produce un cattivo servizio nell'elevare
gli standard di vita nelle Filippine e in Cina. Esistono "aree
imprenditoriali" estere in cui la gente lavora per aziende
che li sfrutta e tutti i prodotti sono fabbricati in aziende che
sfruttano i dipendenti. La globalizzazione è un sistema
assai poco efficace per elevare gli standard di vita all'estero.
Diciamo che per produrre qualcosa uno statunitense viene pagato
20 dollari l'ora; per lo stesso lavoro, un messicano riceve forse
6 dollari al giorno. In quest'ultimo caso succede che a un lavoratore
americano viene tolta una notevole quantità di denaro,
e una piccola frazione di questa, ovvero una minima percentuale,
viene data a un messicano mentre il resto va all'azienda. Perciò,
se l'obiettivo è elevare gli standard di vita dei lavoratori
messicani, ecco un modo del tutto inefficace di farlo.
È interessante notare come un identico fenomeno si riscontri
nell'industria del copyright, la stessa idea generale. Nel nome
di quei lavoratori che certamente meritano qualcosa, si propongono
misure che riservano loro una minima parte sostenendo invece prioritariamente
il potere delle grandi società che controllano le nostre
vite.
Per sostituire un sistema valido, bisogna lavorare molto seriamente
onde proporre un'alternativa migliore. Sapendo che il sistema
attuale è inefficace, non è così difficile
trovare un'alternativa migliore: lo standard con cui ci si confronta
è oggi molto basso. Dovremmo sempre ricordare tutto ciò,
quando prendiamo in considerazione le problematiche sulla politica
del diritto d'autore.
Penso di aver detto la maggior parte di quanto volevo dire. Vorrei
ricordarvi che domani in Canada è il Phone-In Sick Day
(5).
(5) 20 aprile 2001; iniziativa nazionale di protesta, i cui i tutti i dipendenti prendono un giorno di malattia dal lavoro
Domani inizierà un summit mirato
alla firma dell'accordo sull'area di libero scambio per le Americhe,
con l'intento di estendere il potere delle grandi società
in altri paesi. In Quebec sono previste grosse iniziative di protesta.
Per bloccarle sono stati impiegati metodi estremi. A molti americani
viene impedito l'ingresso in Canada attraverso quel medesimo confine
che è loro permesso oltrepassare in ogni altro momento.
Con la più debole delle scuse, intorno al centro di Quebec
è stato costruita una fortezza onde impedire l'accesso
ai dimostranti. Abbiamo visto utilizzare molti sporchi trucchi
contro la manifestazione pubblica di protesta rispetto a questi
trattati. Qualsiasi democrazia ci sia rimasta, dopo aver tolto
i poteri di governo ai governatori democraticamente eletti per
darli a aziende e organismi internazionali non eletti, qualsiasi
cosa rimanga dopo tutto questo, potrebbe non sopravvivere alla
repressione delle proteste pubbliche.
Ho dedicato 17 anni della mia vita a lavorare per il software
libero e le annesse questioni. Non l'ho fatto perché penso
che questo sia il problema politico più importante al mondo.
L'ho fatto perché ho notato che fosse il settore in cui
dovevo usare la mia competenza per fare del bene. Ma è
successo è che gli aspetti generali della politica sono
mutati e il maggior problema politico attuale è contrastare
la tendenza a dare potere all'imprenditoria nei confronti del
pubblico e dei governi. Io considero il software libero e i problemi
correlati agli altri aspetti dell'informazione che ho discusso
oggi, come parte del problema principale. Perciò mi sono
trovato a lavorare indirettamente su tale questione. Spero di
poter dare il mio contributo a questa causa.
Sessione di domande e risposte
David Thorburn: Tra
poco il pubblico potrà fare domande e commenti. Ma permettetemi
di replicare brevemente. Mi sembra che il consiglio pratico più
incisivo ed importante che Stallman ci dà abbia due elementi
chiave. Uno è riconoscere che i vecchi presupposti ed usi
del diritto d'autore sono inappropriati: vengono messi in discussione
e delegittimati dall'avvento del computer e delle reti informatiche.
Può sembrare ovvio, ma è fondamentale.
L'altro è riconoscere che l'era digitale esige che si riconsideri
il modo in cui distinguiamo e valutiamo le diverse tipologie di
lavoro intellettuale e creativo. Stallman ha sicuramente ragione
sul fatto che certi tipi di imprese intellettuali abbiano bisogno
più di altre di essere protette dal copyright. Cercare
di individuare sistematicamente questi diversi tipi o livelli
di protezione del diritto d'autore mi sembra un modo efficace
di affrontare i problemi relativi al lavoro intellettuale posti
dall'avvento del computer.
Ma penso di intravedere un altro tema che sta dietro a quanto
ha affermato Stallman e che non riguarda direttamente i computer,
ma più ampiamente le istituzioni democratiche e il potere
che il governo e le aziende esercitano in misura sempre maggiore
sulla nostra vita. Questo aspetto populista e anti-monopolista
del discorso di Stallman è interessante ma anche riduttivo
e potenzialmente semplicistico. Ed è forse anche eccessivamente
idealista. Per esempio, come potrebbe sopravvivere un romanziere
o un poeta o un autore di canzoni o un musicista o un autore di
testi accademici in un mondo meraviglioso in cui le persone siano
incoraggiate a pagare gli autori, ma non siano obbligate a farlo?
In altre parole, mi sembra che la differenza tra la pratica attuale
e le possibilità visionarie su cui specula Stallman sia
ancora enorme.
Concludo chiedendo a Stallman di approfondire maggiormente alcuni
aspetti del suo intervento, e in particolare di ampliare i concetti
sul modo in cui potrebbero essere tutelati dal suo sistema di
copyright quelli che noi chiamiamo "creatori tradizionali".
Richard M. Stallman: Prima di tutto, devo far notare che non dovremmo
utilizzare il termine "protezione" per descrivere le
incombenze del diritto d'autore. Il diritto d'autore limita le
persone. "Protezione" è un termine di propaganda
per le aziende che detengono il copyright. Tale termine significa
impedire la distruzione di qualcosa. Be', non credo che una canzone
venga distrutta se ne esistono più copie suonate più
volte. Non penso nemmeno che un romanzo si distrugga se più
persone ne leggono una copia. Perciò non userei quel termine.
Penso che porti ad identificarsi con la parte sbagliata.
Inoltre, pensare in termini di proprietà intellettuale
è una cattiva idea per due motivi: in primo luogo perché
pregiudica la domanda cruciale in questo campo, che è:
in che modo dovrebbero essere trattate queste cose? Dovrebbero
essere trattate o meno come qualche tipo di proprietà?
Utilizzare il termine "proprietà intellettuale"
per descrivere quest'ambito significa presupporre che la risposta
alla seconda domanda sia "sì", che è questo,
e non un altro, il modo in cui la questione va considerata.
In secondo luogo, incoraggia una iper-generalizzazione. La proprietà
intellettuale è un concetto onnicomprensivo per parecchi
sistemi legali diversi tra loro con origini indipendenti, come
per esempio diritti d'autore, brevetti, marchi registrati, segreti
industriali e altro. Sono quasi completamente diversi tra loro,
non hanno nulla in comune. Ma l'uso del termine "proprietà
intellettuale" porta la gente a pensare erroneamente che
esista un principio generale di proprietà intellettuale
da applicare a settori specifici, presupponendo così che
questi diversi campi di applicabilità della legge siano
simili. Ciò porta non solo a pensare in modo confuso su
quel che sia giusto fare, ma conduce anche alla mancata comprensione
di cosa dica realmente la legge, perché si suppone che
la legge sul copyright e la legge sui brevetti e la legge sui
marchi registrati siano simili, mentre invece, di fatto, sono
completamente diverse.
Se si vuole incoraggiare un'attenta riflessione e una corretta
comprensione di quanto dice la legge, evitiamo il termine "proprietà
intellettuale". Si parli di diritto d'autore, o di brevetti,
o di marchi registrati o di qualsiasi altro argomento si voglia.
Ma non si parli di proprietà intellettuale. Sarebbe assurdo
avere un'opinione sulla proprietà intellettuale. Non ho
un'opinione sulla proprietà intellettuale, ma ho opinioni
sul diritto d'autore, sui brevetti e sui marchi registrati, e
sono diverse. Ci sono arrivato attraverso processi di pensiero
diversi perché questi sistemi legali sono completamente
diversi tra loro.
Ho fatto una digressione, ma era estremamente importante.
Adesso arrivo al dunque. Naturalmente ora non possiamo sapere
se funzionerà bene, se funzionerà chiedere agli
utenti di pagare volontariamente autori e musicisti preferiti.
Una cosa ovvia è che tale sistema funzionerà proporzionalmente
al numero di persone che utilizzeranno la rete e quel numero,
si sa, aumenterà di vari ordini di grandezza nei prossimi
anni. Se lo provassimo oggi, potrebbe fallire, ma questo non proverebbe
nulla, perché potrebbe funzionare se il numero delle persone
paganti fosse dieci volte maggiore.
L'altra è che non abbiamo ancora a disposizione un tale
sistema digitale di pagamento in contanti, quindi oggi non siamo
in grado di metterlo alla prova. Possiamo provare a fare qualcosa
di simile. Esistono servizi tramite i quali è possibile
pagare qualcuno, cose come Pay Pal. Ma prima poterlo fare, si
devono affrontare un mucchio di formalità e fornire i propri
dati personali. E vengono effettuate registrazioni sui destinatari
dei pagamenti. Ci si può fidare che non se ne abusi?
Non è il dollaro da pagare che potrebbe scoraggiare, ma
i problemi connessi alle modalità di pagamento. L'idea
generale è che quando si vuole pagare qualcuno, dovrebbe
essere facilissimo e non dovrebbe esserci nulla che lo sconsigli
se non la somma stessa di denaro. E se la somma è abbastanza
piccola, perché dovrebbe scoraggiare? Sappiamo comunque
che i fan amano davvero i musicisti e sappiamo che alcuni gruppi
musicali che avevano ed hanno un certo successo, come i Grateful
Dead, hanno incoraggiato i propri fan a copiare e ridistribuirne
la musica. Non hanno avuto problemi a guadagnarsi da vivere con
la loro musica per aver incoraggiato i fan a registrarla e a copiare
le cassette. Ciò non ha neppure provocato riduzioni nella
vendita di dischi.
Stiamo gradualmente passando dall'epoca della stampa all'era delle
reti informatiche, ma ciò non può accadere in un
giorno. La gente continua ad acquistare molti dischi, e probabilmente
continuerà a farlo per molti anni ancora, forse per sempre.
Finché si andrà avanti in questo modo, continuare
semplicemente ad applicare i diritti d'autore alla vendita commerciale
di dischi dovrebbe sostenere i musicisti quasi altrettanto bene
di oggi. Naturalmente, il sistema non è del tutto soddisfacente,
ma almeno non sarà peggiore.
Domanda: [Un commento e una domanda a riguardo la libertà di download e il tentativo di Stephen King di vendere uno dei suoi racconti a puntate sul web.]
Stallman: Si,
è interessante sapere quello che ha fatto e cosa è
accaduto. Quando ne sentii parlare la prima volta ero euforico.
Pensavo, forse sta per fare un passo verso un mondo non basato
sulla volontà di tenere il pubblico in pugno. Poi ho visto
che in realtà scriveva per chiedere al pubblico di pagare.
Per spiegare cosa ha fatto, stava pubblicando un racconto a puntate,
a rate, e diceva: "se otterrò abbastanza denaro, ne
scriverò ancora". Una richiesta che ben difficilmente
poteva considerarsi tale. Era una minaccia contro il lettore.
Diceva: "se non pagate siete cattivi, e se ci sono troppi
fra voi che si comportano male, semplicemente smetterò
di scrivere".
Be', chiaramente questo non è il modo di far sentire il
pubblico invogliato a mandarti dei soldi. Devi far sì che
ti amino, non che ti temano.
Stessa persona del pubblico: I dettagli sono che chiese ad una certa percentuale di persone - non so esattamente, probabilmente intorno al 90% - d'inviare una certa quantità di denaro, che, credo, fosse di un dollaro o due o qualcosa di quest'ordine di grandezza. Per scaricare il racconto bisognava fornire il proprio nome, l'indirizzo e-mail e alcune altre informazioni, e se la percentuale non fosse stata raggiunta dopo il primo capitolo, King disse che non avrebbe diffuso il capitolo successivo. Era molto antagonistico nei confronti di quanti scaricavano il testo.
Domanda: Lo schema in cui non esiste diritto d'autore ma alle persone è richiesto di fare donazioni volontarie, non è aperto all'abuso da parte dei plagiari?
Stallman: No. Non è quello che ho proposto. Ricordate, sto proponendo l'esistenza di un diritto d'autore che copra la distribuzione commerciale e permetta solo la redistribuzione letterale non commerciale. Così chiunque abbia modificato un'opera per mettere un puntatore al proprio sito invece che a quello dell'autore reale, continuerebbe a violare il diritto d'autore e potrebbe essere citato in giudizio esattamente come avviene oggi.
Domanda: Capisco. Quindi immagini comunque un mondo in cui esista sempre il copyright?
Stallman: Si. Come ho detto, per questo tipo di opere. Non sostengo che dovrebbe essere permesso tutto. Sto proponendo di diminuire i poteri del diritto d'autore, non di abolirli.
Thorburn: Una domanda che mi è venuta in mente mentre stavi parlando, Richard, e di nuovo adesso che stavi rispondendo a questa domanda, è perché non consideri i modi con cui il computer può eliminare completamente l'intermediario - e che Stephen King si è rifiutato di usare - per stabilire così una relazione personale.
Stallman: Certo, possono farlo, e infatti la donazione volontaria è uno di questi modi.
Thorburn: Pensi davvero che questa modalità non debba passare affatto tramite un editore?
Stallman:
Assolutamente no. Spero di no, perché gli editori sfruttano
gli autori in maniera terribile. Quando chiedi qualcosa ai rappresentanti
degli editori su questo, loro dicono: "Be', sì, se
un autore o un gruppo non vogliono passare attraverso di noi,
non gli viene legalmente richiesto di farlo". Ma in realtà
operano al meglio per fare in modo che ciò non sia fattibile.
Ad esempio, stanno proponendo dei formati multimediali con restrizioni
sulla copia, e per poter pubblicare in tali formati devi passare
per i grandi editori perché non spiegano a nessuno come
farlo. Sperano in un mondo in cui tutti i riproduttori utilizzino
questi formati e per poter ottenere qualcosa da riprodurre sarà
necessario passare dagli editori. Così, anche senza nessuna
legge che impedisca ad un autore o un musicista di pubblicare
direttamente un'opera, la cosa non sarebbe fattibile. C'è
poi anche il richiamo di una possibile ricchezza. Dicono: "Ti
faremo pubblicità e forse diventerai ricco come i Beatles"
(o qualsiasi altro gruppo a scelta). Naturalmente solo a un numero
minimo di musicisti potrà accadere quello che è
successo a loro. Ma ciò potrebbe indurli a firmare un contratto
che li imprigionerebbe per sempre.
Gli editori tendono ad essere molto scorretti nel rispetto dei
contratti con gli autori. Per esempio, di solito i contratti dei
libri dicono che se un libro è esaurito i diritti tornano
all'autore, e gli editori non riescono a convivere bene con questa
clausola. Spesso bisogna costringerli a farlo. Be', adesso stanno
cominciando ad usare le pubblicazioni elettroniche per dire che
non si può esaurire un'edizione; così non dovranno
mai restituire i diritti. La loro idea è, quando l'autore
non ha voce in capitolo, spingerlo a firmare, e da allora non
avrà più potere; il potere rimane solo all'editore.
Domanda: Sarebbe bene avere delle licenze libere per diverse tipi di opere che salvaguardino la libertà di tutti gli utenti di copiarle nella maniera più appropriata per quel tipo di opera?
Stallman: Be', qualcuno sta lavorando. Ma per opere non funzionali, una cosa non sostituisce l'altra. Prendiamo un'opera di tipo funzionale, diciamo un elaboratore di testi. Bene, se qualcuno realizza un elaboratore di testi libero, lo si può usare, non serve l'elaboratore di testi non libero. Ma non direi che una canzone libera possa sostituire tutte le canzoni non libere, o che un racconto libero possa sostituire tutti i racconti non liberi. Per questo tipo di opere le cose sono diverse. Penso perciò che dobbiamo semplicemente riconoscere come queste leggi non meritino di essere rispettate. Non è sbagliato condividere qualcosa con il vicino, e se qualcuno dice che non puoi farlo, non bisogna dargli retta.
Domanda: A proposito delle opere funzionali, come si bilancia l'esigenza di abolire il copyright con l'esigenza di incentivi economici per favorire lo sviluppo di queste opere funzionali?
Stallman: Possiamo notare che, prima di tutto, questi incentivi economici sono molto meno necessari di quanto si fosse supposto. Basta guardare al movimento del software libero in cui abbiamo più di 100.000 volontari a tempo ridotto che sviluppano software libero. Dunque esistono altri modi per raccogliere fondi, non sono basati sull'impedire al pubblico di copiare e modificare queste opere. Questa è l'interessante lezione data dal movimento del software libero. A parte il fatto che offre un modo per utilizzare il computer mantenendo la libertà di condividere e cooperare con altri, ci mostra anche che è semplicemente sbagliato presupporre che la gente non farebbe mai cose simili senza dare loro poteri speciali per costringere gli altri a pagarli. Molta gente è disposta a fare queste cose. Inoltre, considerando ad esempio la stesura di monografie che servono come libri di testo in molti campi scientifici, tranne per quelle piuttosto basilari, ci si accorge che in questo modo gli autori non guadagnano nulla. Abbiamo un progetto di enciclopedia libera che è, di fatto, un progetto commerciale di enciclopedia libera, e sta facendo progressi. Avevamo un progetto per una enciclopedia GNU, ma ci siamo uniti a quello commerciale quando hanno adottato la nostra licenza. In gennaio sono passati alla Licenza per Documentazione Libera GNU per tutti gli articoli di quell'enciclopedia. Così abbiamo detto, "Bene, uniamo le nostre forze e invitiamo la gente a contribuire". Si chiama NUPEDIA, e ne trovate il link andando su http://www.gnu.org/encyclopedia. Così abbiamo esteso lo sviluppo comunitario di una base libera di conoscenze utili dal software all'enciclopedia. Sono piuttosto fiducioso che in tutte queste aree del lavoro funzionale non serva un incentivo economico fino al punto di dover rivedere l'uso di queste opere.
Thorburn: E a proposito delle altre due categorie [le opinioni di un autore e l'intrattenimento]?
Stallman: Per le altre due categorie di opere, non saprei come fare. Non so se un giorno si scriveranno romanzi senza preoccuparsi se ci si faranno dei soldi o meno. In una società del dopo-scarsità, credo si preoccuperanno. Forse quello che dobbiamo fare per poter raggiungere una società del dopo-scarsità è liberarci dal controllo delle corporation sull'economia e sulle leggi. Così in effetti si tratta del problema dell'uovo e della gallina. Cosa facciamo prima? Come possiamo ottenere un mondo dove le persone non debbano disperatamente rincorrere il denaro se non eliminando il controllo delle corporation? E come possiamo rimuovere tale controllo? Non lo so, ma ecco perché sto tentando di proporre prima un sistema di copyright di compromesso e, successivamente, il pagamento volontario sulla base di un tale sistema di compromesso come modo per procurare un reddito a chi scrive queste opere.
Domanda: Come ti aspetti in pratica di realizzare questo sistema di diritto d'autore di compromesso sotto la stretta soffocante degli interessi delle corporation sui politici americani, dovuti al sistema di finanziamento delle campagne elettorali?
Stallman: Non saprei. Vorrei saperlo. È un problema terribilmente difficile. Se sapessi come risolvere questo problema, lo risolverei e niente al mondo mi renderebbe più fiero.
Domanda: Come si può lottare contro il controllo delle corporation? Perché, se consideriamo le somme di denaro attivato dalle lobby aziendali nelle cause processuali, è enorme. Credo che il caso del DeCSS (Decryption of Contents Scrambling System) di cui stai parlando, stia costando qualcosa come un milione e mezzo di dollari alla difesa. Dio sa quanto stia costando alle corporation. Hai una qualche idea di come avere a che fare con queste enormi somme di denaro?
Stallman: Ho una proposta. Se suggerissi di boicottare totalmente i film, credo che la gente lo ignorerebbe. Lo considererebbero troppo radicale. Perciò vorrei offrire un suggerimento leggermente diverso, ma che, alla fine, arriva quasi allo stesso risultato, e cioè: non andate a vedere un film a meno che non abbiate un valido motivo per pensare che è bello. Questo condurrà in pratica allo stesso risultato di boicottare totalmente i film di Hollywood. Per estensione è quasi identico, ma nelle intenzioni è molto diverso. Mi sono reso conto che molta gente va al cinema per ragioni che non hanno nulla a che fare con il fatto di ritenere valido quel film. Se cambiamo le nostre abitudini, se si va a vedere un film solo quando si ha qualche sostanziale ragione per pensare che sia valido, si toglierà loro un sacco di soldi.
Thorburn: Una
maniera per capire tutto questo discorso, penso, è riconoscere
che quando una qualunque tecnologia radicale e potenzialmente
rivoluzionaria fa la sua comparsa nella società, si crea
uno scontro su chi la controlla. Oggi stiamo ripetendo quello
che è avvenuto in passato. Perciò da questo punto
di vista può darsi che non ci sia motivo di disperare,
o anche solo di essere pessimisti, su quanto avverrà nel
lungo periodo. Ma a breve termine la lotta per il controllo dei
testi e delle immagini, su tutte le altre forme di informazione,
sarà probabilmente dolorosa e pervasiva. Per esempio, come
insegnante di tecnologie della comunicazione il mio accesso alle
immagini è stato di recente limitato in una maniera mai
vista prima. Se scrivo un saggio in cui voglio utilizzare immagini,
tratte anche da film, è diventato molto più difficile
ottenere il permesso di utilizzarle, e i prezzi richiesti per
usarle sono molto più elevati -- anche quando sostengo
argomenti quali la ricerca intellettuale e la categoria legale
dell'uso legittimo ("fair use"). Per questo ritengo
che, in un momento di diffuse trasformazioni, le prospettive di
lungo periodo possano non essere così sconvolgenti come
quanto accade a breve termine. Ma in ogni caso dobbiamo comprendere
che l'insieme della nostra esperienza contemporanea è una
versione rinnovata dello scontro per il controllo delle risorse
tecnologiche che è un principio ricorrente della società
occidentale.
È anche essenziale capire che la storia delle tecnologie
più antiche è di per sé una materia complessa.
L'impatto della stampa in Spagna, per esempio, è radicalmente
diverso dall'impatto avuto in Inghilterra o in Francia.
Domanda: Una delle cose che mi sconcerta nelle discussioni sul diritto d'autore è che spesso si comincia con: "Vogliamo un cambiamento totale. Vogliamo sbarazzarci di ogni tipo di controllo". Mi pare che a monte della suddivisione nelle tre categorie suggerite ci sia il riconoscimento che il copyright abbia qualche senso. Alcuni critici dell'attuale sistema del diritto d'autore credono che in effetti bisognerebbe sostenerlo e farlo funzionare in modo molto più simile a brevetti e marchi registrati per quanto riguarda la sua durata. Vorrei che il nostro ospite commentasse questa strategia.
Stallman: Concordo sul fatto che abbreviare la durata del diritto d'autore sia una buona idea. Non c'è assolutamente bisogno, per quanto riguarda l'incoraggiamento alla pubblicazione, della possibilità che i diritti d'autore durino fino a 150 anni, cosa possibile in alcuni casi con le attuali legislazioni. Ora, le aziende sostenevano che un diritto d'autore di 75 anni su un'opera da loro pagata non fosse abbastanza lungo per renderne possibile la produzione. Vorrei sfidare queste aziende a presentare proiezioni di bilancio per i prossimi 75 anni a partire da ora, onde validare una simile affermazione. Quel che volevano davvero era semplicemente poter estendere il copyright sulle vecchie opere, in modo da poter continuare a restringerne l'utilizzo. Sinceramente mi sfugge come si possa incoraggiare una maggiore produzione di opere prodotte negli anni Venti estendendo oggi il diritto d'autore, a meno che tali aziende non abbiano una macchina del tempo da qualche parte. Certamente in uno dei loro film avevano una macchina del tempo. Quindi forse è questo che li ha influenzati.
Domanda: Hai mai pensato di estendere il concetto di "uso legittimo", e potresti chiarircene qualche sfumatura?
Stallman: L'idea di dare a tutti il permesso di fare copie integrali per usi non commerciali, per due dei tre tipi di opere, certamente potrebbe essere intesa come un'estensione dell'uso legittimo ("fair use"). È un concetto più ampio dell'attuale. Se l'idea è che il pubblico rinunci a certe libertà per avere più progresso, allora si può segnare il confine in vari punti diversi: quali libertà il pubblico abbandona e quali libertà mantiene?
Domanda: Per ampliare un attimo la discussione, in certi campi dello spettacolo esiste il concetto di rappresentazione pubblica. Così, ad esempio, il diritto d'autore non ci impedisce di cantare i canti natalizi al momento opportuno, ma impedisce la loro esecuzione in pubblico. E mi chiedo se non sarebbe utile espandere l'uso legittimo, anziché alla copia letterale e non commerciale senza limiti, a qualcosa di più restrittivo ma comunque più ampio del concetto attuale di "fair use".
Stallman: Prima pensavo che ciò sarebbe stato sufficiente, ma poi Napster mi ha convinto del contrario, perché gli utenti lo usano per una ridistribuzione letterale non commerciale. Il server di Napster, in sé, è un'attività commerciale, ma chi mette a disposizione il materiale lo fa senza scopo di lucro, ed avrebbe potuto altrettanto facilmente metterlo a disposizione sui propri siti web. L'incredibile eccitazione, interesse e utilizzo di Napster ne dimostra la grande utilità. Perciò ora sono convinto che si debba avere il diritto a copie ridistribuite, non commerciali e letterali di qualsiasi cosa.
Domanda: Un'analogia suggeritami recentemente dall'intera vicenda di Napster è quella di una biblioteca pubblica. Credo che quanti abbiano seguito le discussioni su Napster devono averla già sentita. Vorrei che la commentassi. A volte, quanti difendono la posizione secondo cui Napster dovrebbe continuare senza restrizioni, sostengono qualcosa del tipo: "Quando si va in una biblioteca pubblica e si prende in prestito un libro, non lo si paga, e lo si può prendere in prestito decine, centinaia di volte, senza alcun pagamento aggiuntivo. Perché Napster sarebbe diverso?"
Stallman: Non è esattamente la stessa cosa. Ma bisogna sottolineare che gli editori vogliono trasformare le biblioteche pubbliche in negozi "pay-per-use". Quindi sono contro le biblioteche pubbliche.
Domanda: Queste idee sul copyright potrebbero suggerire nuove soluzioni per certe questioni relative alle leggi sui brevetti, come la produzione di farmaci generici a basso costo da usare in Africa?
Stallman:
No, sono due cose completamente diverse. Le questioni sui brevetti
sono completamente diverse da quelle sul diritto d'autore. L'idea
che abbiano qualcosa in comune è una delle spiacevoli conseguenze
dell'uso del termine "proprietà intellettuale",
e della pressione a tentare di trattare alla stessa stregua queste
questioni, perché, come avete sentito, finora ho parlato
di questioni in cui il prezzo della copia non è l'elemento
centrale. Ma qual è la questione cruciale a proposito della
produzione di farmaci per l'AIDS da usare in Africa? È
il prezzo, null'altro che il prezzo.
Qui spunta fuori la questione di cui parlavo, perché la
tecnologia dell'informazione digitale offre a ogni utente la possibilità
di fare copie. Insomma, nulla può dare a tutti la capacità
di copiare dei medicinali. Io non sono capace di copiare un medicinale
che ho. E nessuno è capace; i medicinali non si fanno così.
Quei medicinali si possono fare solo in grandi industrie e in
effetti sono tutti prodotti in costose società centralizzate,
sia i farmaci generici sia quelli importati dagli Stati Uniti.
In ogni caso, sono destinati ad essere prodotti in un piccolo
numero di aziende, e la questione è semplicemente quanto
costino e se siano disponibili ad un prezzo che gli africani possano
permettersi.
Si tratta perciò di una questione terribilmente importante,
ma completamente diversa. Esiste un'unica area in cui emerge un
problema con i brevetti che in effetti è simile alle questioni
concernenti la libertà di copia, cioè il settore
dell'agricoltura. Poiché in effetti ci sono delle cose
brevettate che possono essere copie, più o meno, e sono
gli esseri viventi. Si copiano quando si riproducono. Non è
necessariamente una copia esatta, c'è un rimescolamento
di geni. Ma il fatto è che da millenni i contadini sfruttano
la capacità di autocopiarsi degli organismi viventi che
coltivano. L'agricoltura consiste, essenzialmente, nel copiare
le cose che si sono coltivate e continuare a copiarle ogni anno.
Quando varietà vegetali e animali vengono brevettate, quando
dei geni vengono brevettati e utilizzati tra loro, il risultato
è che i contadini non possono più comportarsi come
hanno sempre fatto.
Un contadino canadese aveva una varietà brevettata che
cresceva nel suo campo, e spiegò: "Non l'ho fatto
apposta. Il polline è stato trascinato dal vento, e i geni
di quel polline sono entrati nel mio assortimento di piante".
Gli è stato risposto che ciò non importava: doveva
distruggerle in ogni caso. È un caso limite di quanto il
governo possa appoggiare un monopolista.
Quindi credo che, seguendo gli stessi principi che applico al
copia di cose sul computer, gli agricoltori dovrebbero avere l'indiscutibile
diritto di mettere da parte i semi e di fare incroci con il bestiame.
Ci potrebbero forse essere brevetti che proteggano i produttori
di semi, ma non dovrebbero comunque influenzare l'operato dei
contadini.
Domanda: Perché un modello abbia successo serve ben più di una licenza. Puoi parlarcene?
Stallman:
Certo. Ecco, non è che possa trovare tutte le risposte
giuste. Ma credo che l'idealismo abbia una parte essenziale nello
sviluppo di un'informazione libera e funzionale. Occorre capire
l'importanza di mantenere libera l'informazione, solo quando è
libera se ne può fare pieno uso: quando è limitata,
è impossibile farlo. Bisogna riconoscere che l'informazione
non libera è un tentativo di dividerci, tenerci impotenti
e sottometterci. Allora si potrà afferrare il concetto:
"Lavoriamo insieme per produrre l'informazione che vogliamo
usare, in modo che non sia sotto il controllo di qualche persona
potente che ci ordini cosa possiamo farne".
Ciò offre una tremenda spinta [allo sviluppo della comunità
del software libero]. Non so quanto potrebbe funzionare in aree
diverse, ma credo sia possibile farlo concretamente nel campo
dell'istruzione, quando si cercano libri di testo. Ci sono tantissimi
insegnanti al mondo, docenti che non lavorano in università
prestigiose (magari insegnano alle superiori, o al college) dove
non scrivono né pubblicano un sacco di cose e non sono
molto ricercati. Ma molti di loro sono brillanti. Molti conoscono
bene le loro materie e potrebbero scrivere libri di testo per
molte discipline, condividerli con il mondo intero e ricevere
molti apprezzamenti da chi avrà imparato da loro.
Domanda: È quanto avevo proposto. Ma, per combinazione, conosco la storia dell'istruzione. È il mio lavoro: progetti educativi, elettronici, multimediali. E non sono riuscito a trovare neppure un esempio di questo tipo. Tu ne conosci qualcuno?
Stallman: No. Ho cominciato a proporre questa enciclopedia e a seguire le risorse per l'apprendimento libero un paio di anni fa, e credevo che ci sarebbero voluti una decina d'anni perché la cosa cominciasse a funzionare. Invece già adesso abbiamo un'enciclopedia che funziona. Quindi le cose stanno andando più velocemente di quanto sperassi. Credo che ci serva qualcuno che cominci a scrivere dei libri di testo liberi. Scrivetene uno sulla vostra materia preferita, o scrivetene una parte. Scrivetene alcuni capitoli e sollecitate altri a finirlo.
Domanda:
Veramente cercavo qualcosa di più. Quello che conta in
quest'ambiente è qualcuno che crei un'infrastruttura a
cui chiunque altro possa contribuire. Non c'è da nessuna
parte un'infrastruttura a livello di scuola di base a cui contribuire
per questo tipo di materiali.
Le informazioni si possono ottenere da molti posti, ma non sono
fornite sotto licenze libere, quindi non si possono usare per
fare un libro di testo libero.
Stallman: Veramente non esiste un copyright sulle informazioni in sé. Il diritto d'autore copre il modo in cui un'informazione è scritta. Quindi si può imparare una materia da qualsiasi parte e poi scrivere un libro di testo, e poi rendere quel libro di testo libero, se si vuole.
Domanda: Ma non posso scrivere da solo tutti i libri di testo di cui uno studente ha bisogno nella sua carriera scolastica.
Stallman:
Certo, è vero. Ma anch'io non ho scritto un intero sistema
operativo libero. Ho scritto qualche pezzo e invitato altri ad
unirsi e scrivere altri pezzi. Quindi, ho solo dato l'esempio.
Ho detto: "Vado in questa direzione. Unitevi a me e raggiungeremo
l'obiettivo". E si è unita abbastanza gente finché
siamo riusciti a raggiungerlo. Può essere scoraggiante
pensare in termini di "Come farò da solo a finire
quest'immenso lavoro?". Quindi il punto è: non considerarlo
in questo modo, ma pensa a fare il primo passo e ti accorgerai
che dopo averlo fatto, altri faranno nuovi passi e, insieme, alla
fine il progetto sarà portato a termine.
Supponendo che l'umanità non si spazzi via da sola, il
lavoro che facciamo oggi per produrre l'infrastruttura educativa
libera, la risorsa libera di apprendimento per il mondo, sarà
utile finché esisterà l'umanità. Anche se
ci volessero vent'anni per farla, cosa importa? Non bisogna pensare
alle dimensioni dell'intero lavoro, ma alle dimensioni della parte
che si vuol fare. Ciò dimostrerà a tutti che è
possibile crearla, e così altri faranno altre parti.
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Questa è la trascrizione riveduta di un intervento tenuto durante il Communications Forum svoltosi al MIT il 19 aprile 2001, e fa parte del libro Free Software, Free Society: The Selected Essays of Richard M. Stallman, GNU Press, 2002.
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