SOFTWARE LIBERO PENSIERO LIBERO - SAGGI SCELTI DI RICHARD STALLMAN (parte prima)
A cura di Bernardo Parrella e dell'Associazione
Software Libero
Stampa Alternativa, Collana Eretica, maggio 2003
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Introduzione
Un esperimento globale per
l'affermazione della libertà
Offrire al mondo programmi informatici che
possano essere liberamente usati e copiati, modificati e distribuiti,
gratis o a pagamento. Questa la scommessa lanciata nell'ormai
lontano 1984 da Richard Matthew Stallman. Qualcosa (apparentemente)
impossibile perfino a concepirsi, in un epoca in cui informatica
era (ed è) sinonimo di monopoli, produzioni industriali,
mega-coporation. Un approccio tanto semplice quanto rivoluzionario,
il concetto stesso di software libero, che ci riporta finalmente
con i piedi per terra. E la cui pratica quotidiana è ispirata
ad un principio anch'esso basilare ma troppo spesso dimenticato:
la libera condivisione del sapere, qui e ora, la necessità
di (ri)prendere in mano la libertà individuale di creare,
copiare, modificare e distribuire qualsiasi prodotto dell'ingegno
umano. Ponendo così le condizioni per un ribaltamento totale
proprio di quell'apparato pantagruelico che ha piegato l'attuale
ambito informatico alla merce' di un pugno di colossi, inarrivabili
e monopolistici.
Nella rapida trasformazione degli equilibri in gioco nell'odierna
rivoluzione tecnologica e industriale, il software libero va dunque
scardinando certezze antiche aprendo al contempo le porte a scenari
del tutto nuovi e inimmaginabili. Senza affatto escluderne i riflessi
nel mondo della piccola e grande imprenditoria e a livello commerciale:
basti ricordare l'ampio utilizzo del sistema operativo GNU/Linux
(spesso indicato, in maniera imprecisa, solo come 'Linux') sia
su macchine high-end come pure su quelle più economiche
e dispositivi portatili vari, mentre il 70 per cento dei server
web su internet girano su Apache, programma di software libero.
Considerando insomma la centralità assunta dal software
in quanto comparto industriale strategico all'interno di una poliedrica
età dell'informazione, c'è da scommettere che la
rivoluzione innescata da Richard Stallman continuerà a
produrre un'onda assai lunga negli anni e nei decenni di là
da venire.
Predisposto all'isolamento sociale ed emotivo, fin da ragazzo Stallman dimostra un'acuta intelligenza unita ad una sviscerata attrazione per le discipline scientifiche. Laureatosi in fisica ad Harvard nel 1974, alla carriera di accademico frustrato preferisce l'ambiente creativo degli hacker che danno vita al laboratorio di intelligenza artificiale presso il prestigioso MIT (Massachusetts Institute of Technology) di Boston. Si tuffa così nella cultura hacker di quegli anni, imparando i linguaggi di programmazione e lo sviluppo dei sistemi operativi. E' qui che, poco più che ventenne, scrive il primo text editor estendibile, Emacs. Ma soprattutto abbraccia lo stile di vita anti-burocratico, creativo e insofferente di ogni autorità costituita, tipico della prima generazione di computer hacker al MIT. Nei primi anni '60 si deve a costoro, ad esempio, la nascita di Spacewar, il primo video game interattivo, che includeva tutte le caratteristiche dell'hacking tradizionale: divertente e casuale, perfetto per la distrazione serale di decine di hacker, dava però concretezza alle capacità di innovazione nell'ambito della programmazione. Ovviamente, era del tutto libero (e gratuito), di modo che il relativo codice venne ampiamente condiviso con altri programmatori.
Pur se non sempre queste posizioni di apertura e condivisione erano parimenti apprezzate da hacker e ricercatori "ufficiali", nella rapida evoluzione del settore informatico i due tipi di programmatori finirono per impostare un rapporto basato sulla collaborazione, una sorta di una relazione simbiotica. La generazione successiva, cui apparteneva Richard Stallman, aspirava a calcare le orme di quei primi hacker, particolarmente a livello etico. Onde potersi definire tale, all'hacker era richiesto qualcosa in più che scrivere programmi interessanti; doveva far parte dell'omonima cultura e onorarne le tradizioni in maniera analoga alle corporazioni medievali, pur se con una struttura sociale non così rigida. Scenario che prese corpo in istituzioni accademiche d'avanguardia, quali MIT, Stanford e Carnegie Mellon, emanando al contempo quelle norme non ancora scritte che governavano i comportamenti dell'hacker -- l'etica hacker.
Proprio per garantire massima consistenza e aderenza a tale etica, dopo non poche vicissitudini, all'inizio del 1984 Stallman lascia il MIT per dedicarsi anima e corpo al lancio del progetto GNU e della successiva Free Software Foundation. Come scrive Sam Williams nella biografia 'ufficiosa' di Stallman (Codice Libero, Apogeo, 2003), il "passaggio di Richard Matthew Stallman da accademico frustrato a leader politico nel corso degli ultimi vent'anni, testimonia della sua natura testarda e della volontà prodigiosa, di una visione ben articolata sui valori di quel movimento per il software libero che ha aiutato a costruire." A ciò va aggiunta l'alta qualità dei programmi da lui realizzati man mano, "programmi che ne hanno cementato la reputazione come sviluppatore leggendario." Un attivismo spietato, il suo, sempre al servizio della libertà di programmazione, di parola, di pensiero. Non certo casualmente alla domanda se, di fronte alla quasi-egemonia del software proprietario, oggi il movimento del software libero rischi di perdere la capacità di stare al passo con i più recenti sviluppi tecnologici, Stallman non ha dubbi: "Credo che la libertà sia più importante del puro avanzamento tecnico. Sceglierei sempre un programma libero meno aggiornato piuttosto che uno non-libero più recente, perché non voglio rinunciare alla libertà personale. La mia regola è, se non posso condividerlo, allora non lo uso."
Questo in estrema sintesi il percorso seguito finora dall'ideatore del movimento del software libero, rimandando ulteriori approfondimenti alle risorse segnalate in appendice. Ma per quanti hanno scarsa familiarità con simili dinamiche e con lo Stallman-pensiero, oppure per chi vuole esplorare tematiche più ampie, questa collezione di saggi è certamente l'ideale. Primo, perché copre vent'anni di interventi pubblici da parte di colui che viene (giustamente) considerato il "profeta" del software libero. Secondo, perché nella raccolta vengono sottolineati gli aspetti sociali dell'attività di programmazione, chiarendo come tale attività possa creare davvero comunità e giustizia. Terzo, perché nel panorama dell'informazione odierna spesso fin troppo rapida e generica, ancor più in ambito informatico, è vitale tenersi correttamente aggiornati su faccende calde, tipo le crescenti potenzialità del copyleft (noto anche come "permesso d'autore") oppure i pericoli dei brevetti sul software. La raccolta riporta inoltre una serie di documenti storici cruciali: il "Manifesto GNU" datato 1984 (leggermente rivisto per l'occasione), la definizione di software libero, la spiegazione del motivo per cui sia meglio usare la definizione 'software libero' anziché 'open source'. Il tutto mirando ad un pubblico il più vasto possibile: "non occorre avere un background in computer science per comprendere la filosofia e le idee qui esposte," come recita infatti la nota introduttiva del libro originale -- Free Software, Free Society: Selected Essays of Richard M. Stallman.
L'edizione italiana di quest'ultima è
stata scomposta in due distinti volumi: quello che avete per le
mani, dove sono raccolte le prime due sezioni della versione inglese,
verrà seguito a breve da un secondo con i testi rimanenti.
Tra questi, vanno fin d'ora segnalate le trascrizioni di alcuni
importanti interventi dal vivo di Stallman (quali "Copyright
e globalizzazione nell'epoca delle reti informatiche" e "Software
libero: libertà e cooperazione"), oltre al testo integrale
delle varie licenze GNU, a partire dalla più affermata,
la GPL, General Public License.
Si è optato per due volumi italiani onde rendere più
agile e godibile l'intera opera originale, considerando lo spessore
e la complessità spesso presenti nei vari saggi. Presi
nella loro interezza, questi forniranno al lettore un quadro ampio
e articolato su questioni pressanti, non soltanto per l'odierno
ambito informatico. Proprio perché Stallman non si risparmia
affatto, gettando luce sul passato e soprattutto sul futuro di
tematiche al crocevia tra etica e legge, business e software,
libertà individuale e società trasparente.
Senza infine dimenticare come a complemento
del tutto sia già attivo un'apposita area sul sito web
di Stampa Alternativa (http://www.stampalternativa.it/freesoft/index.html)
dove circolano interventi vari in tema di software libero e dove
troverà spazio l'intera versione italiana del libro. Oltre
naturalmente alle relative modifiche, ovvero le segnalazioni di
lettori e utenti riguardo errori, contributi, aggiornamenti e
quant'altro possibile. Il materiale qui raccolto sarà ulteriormente
disponibile sul sito dell'Associazione Software Libero, il quale
ospita il gruppo dei traduttori italiani dei testi del progetto
GNU (http://www.softwarelibero.it/gnudoc/)
che ha validamente contributo alla stesura di questo lavoro. Un
lavoro, va detto nel caso qualcuno avesse ancora dei dubbi, portato
avanti interamente via internet tra i vari soggetti coinvolti,
dalla fase di progettazione a quella di consegna dei materiali
definitivi, e ricorrendo al software non proprietario per quanto
possibile.
Un progetto in evoluzione continua, quindi, in sintonia con le
pratica di massima apertura e condivisione su cui vive e prospera
il movimento del software libero a livello globale -- espressione
concreta di un'esperimento teso all'affermazione della libertà
di tutti e di ciascuno.
Bernardo Parrella
berny@cybermesa.com
marzo 2003
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