Garante Privacy
   
   
   
13 maggio 2002   
 

 Newsletter 13 - 19 maggio 2002

 

  • Stop del Garante allo spamming."Condannata" società
  • Privacy e informazione. Convegno ad Imperia
  • Privacy e imprese: sondaggi mostrano un crescente bisogno di regole

 

Stop del Garante allo spamming. 'Condannata' societa'

Stop del Garante ad un fornitore di servizi su Internet che inviava messaggi pubblicitari non richiesti tramite posta elettronica. Accogliendo in parte il ricorso di un consumatore, l’Autorità Garante ha ribadito che è illegittimo utilizzare a scopi commerciali un indirizzo e-mail, che non compare in elenchi pubblici, senza il consenso del destinatario. L’Autorità ha anche imposto alla società di rifondere al consumatore le spese sostenute per il procedimento.

Il ricorrente aveva ricevuto da una società, che opera su Internet, una e-mail con un offerta di hosting per un dominio web. Non avendo preventivamente prestato alcun consenso a tale invio, l’interessato aveva dunque rivolto una istanza alla società con la quale, opponendosi all’ulteriore utilizzo dei suoi dati personali, chiedeva di conoscere in che modo fossero stati acquisiti i suoi dati e il responsabile del trattamento. Non avendo avuto riscontro alla sua istanza, si era rivolto al Garante chiedendo, oltre che la compensazione delle spese sostenute per il ricorso, anche il risarcimento del danno morale.

La società, invitata dall’Autorità a fornire chiarimenti, affermava di non avere designato un responsabile del trattamento e che, operando in Internet, a volte inviava e-mail promozionali. L’indirizzo di posta elettronica dell’interessato era stato acquisito da una società di marketing e in seguito cancellato.

Nel suo provvedimento il Garante ha accolto la richiesta del consumatore ordinando alla società di interrompere l’utilizzazione dei dati personali in quanto illegittima e di astenersi da ogni loro ulteriore trattamento, in particolare dell’indirizzo e-mail. In base alla normativa vigente in materia di privacy e a quella sulla protezione dei consumatori nei contratti a distanza - ha chiarito infatti il Garante - l’invio di materiale pubblicitario rientra nei casi in cui è vietato l’impiego della posta elettronica da parte di un fornitore senza il consenso preventivo del consumatore (legge n.675/96 e decreto legislativo n.185/99).

Il Garante ha inoltre ritenuto di dover procedere d’ufficio all’apertura di un procedimento autonomo per la verifica della liceità e della correttezza del trattamento complessivo dei dati e per valutare i presupposti per l’applicazione di eventuali sanzioni. Ha dichiarato, invece, inammissibile la richiesta di risarcimento dei danni che può essere rivolta solo al giudice ordinario.

La società, che non aveva dato immediato riscontro all’istanza dell’interessato, è stata "condannata" al pagamento di 250 euro per le spese del procedimento, da versare al consumatore.

 

Privacy e informazione. Convegno ad Imperia

"Privacy e informazione: diritti e doveri del giornalista": di questo tema hanno dibattuto martedì 14 all’Università di Imperia, ospiti della locale Provincia, il procuratore capo di Torino Marcello Maddalena, il presidente dell’Ordine dei giornalisti Lorenzo Del Boca e il componente del Garante Mauro Paissan.

L’incontro è stata l’occasione per affrontare il punto caldo del rapporto tra libertà di stampa e rispetto dei diritti, della dignità e dell’identità delle persone.

Nel corso del dibattito, Paissan ha messo in rilievo come sia cresciuta in questi anni tra i giornalisti la sensibilità verso questi argomenti, anche se talvolta assistiamo a fragorose cadute di attenzione, come nel caso del delitto di Cogne, particolarmente gravi per le emittenti del servizio pubblico. A Del Boca, che aveva sollevato dubbi sulla nomina dei garanti da parte del Parlamento, Paissan ha replicato affermando che la fonte di nomina parlamentare è pacificamente ritenuta la più adeguata per un’Autorità che tratta di diritti e garanzie. E al procuratore capo Maddalena, che aveva paventato un eccesso di ruolo da parte del Garante, è stata richiamata la normativa europea. Unanimi sono state le riserve espresse verso quelle trasmissioni televisive che mettono in scena dei veri e propri processi sui casi di cronaca più eclatanti e più controversi.

 

Privacy e imprese: sondaggi mostrano un crescente bisogno di regole

Un sondaggio reso pubblico i primi di maggio da White & Case, uno dei maggiori studi legali internazionali, mostra come in 15 fra i più importanti Stati a livello mondiale sia sempre più frequente il ricorso a norme a tutela della privacy riguardo all’uso dei dati nelle attività economiche. Permangono, tuttavia, notevoli differenze nell’approccio e nell’ambito di applicazione delle singole leggi nazionali.

Tra i 15 Paesi presi in esame non è compresa l’Italia: sono presenti invece Francia, Germania, Regno Unito, Spagna e Svezia. Gli altri Paesi sono rappresentati da USA, Messico, Brasile, Cile, Australia, Cina, Hong Kong, Singapore, Giappone e Russia. In tutti esiste almeno una legge nazionale in materia di privacy, e in molti casi sono previste modifiche a breve termine. Nella maggioranza di questi Paesi vi sono limitazioni per i flussi transfrontalieri di dati (in tutti tranne che in Brasile, Russia e USA), ed è prevista un’informativa per gli interessati rispetto alla raccolta e all’utilizzazione dei loro dati. Sono inoltre regolamentati la prestazione del consenso, il diritto di accesso ai dati e le misure di sicurezza da parte del titolare del trattamento.

In tutti i Paesi, fatta eccezione per Australia, Hong Kong e Singapore, l’interessato si rivolge all’autorità giudiziaria per ottenere il riconoscimento dei diritti sanciti dalla legge.Negli altri tre Paesi, oltre che in Spagna e Giappone, l’interessato può istituire un procedimento dinanzi ad autorità amministrative competenti (così avviene del resto anche in Italia attraverso il ricorso presentato al Garante). In tutti i Paesi, tranne Cile e Spagna, la violazione delle norme di legge relative alla protezione dei dati può essere punita con sanzioni penali. In Cile e Spagna, tuttavia, alcune norme del codice penale in vigore prevedono già divieti specifici in questo campo.

Il fatto che molte delle leggi nazionali riguardino non soltanto la protezione dei dati in senso stretto, ma anche garanzie contro l’utilizzazione dei dati personali per scopi commerciali, riflette chiaramente l’accresciuta sensibilità dei consumatori rispetto a questi temi: c’è, infatti, una diffusa richiesta di maggiori tutele, e molte delle imprese più avvertite sembrano avere compreso che solo instaurando un rapporto di vera fiducia con il consumatore potranno massimizzare i profitti.

Proprio in questo senso vanno i risultati di altri studi e sondaggi pubblicati fra aprile e maggio da parte di istituti specializzati. Forrester Research, ad esempio, ha reso noti i risultati di uno studio dal quale risulta che il 70% dei consumatori esaminati (6.000) teme che i siti Web non rispettino adeguatamente i loro dati, e il 61% non fornisce informazioni personali per il timore delle possibili conseguenze. Più dell’80% ritiene che i dati sul reddito, i familiari, l’indirizzo e il telefono del luogo di lavoro non dovrebbero essere comunicati ai siti che fanno commercio elettronico. D’altra parte, meno del 30% degli intervistati si è dotato di strumenti informatici per cautelarsi da possibili rischi (filtri, firewall), e poco più del 30% legge regolarmente le informative sulla privacy fornite dai siti Web. Va detto, a questo proposito, che molte di tali informative sono incomprensibili per l’utente medio, essendo scritte in un linguaggio per addetti ai lavori.

Dunque, cosa possono fare le imprese? Senz’altro migliorare la propria politica nei confronti del consumatore, scegliendo un approccio trasparente ed un linguaggio comprensibile nelle comunicazioni con i clienti. Volendo sintetizzare, si potrebbe dire che "l’onestà paga". E’ chiaro che, soprattutto negli USA, le imprese temono di doversi confrontare con una babele di leggi diverse che, nei singoli Stati della federazione, dovessero prevedere obblighi difformi; questa osservazione vale ancora di più per le imprese multinazionali che operano in più Paesi e, come segnala lo studio di White & Case, devono rispettare norme nazionali non sempre armonizzate. Tuttavia, anche negli USA qualcosa si sta muovendo a livello federale, soprattutto per quanto riguarda la regolamentazione del commercio elettronico (nel senso di vietare la raccolta e la diffusione dei dati generati dalla navigazione dei clienti attraverso Internet). E il messaggio giunto dai consumatori va nettamente nello stesso senso: chiarezza, semplicità, trasparenza - qualunque sia il luogo in cui avviene la transazione.

 
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